VENEZIA AMAVA GLI EBREI O MAL LI SOPPORTAVA?



Preghiera del mattino nella sede del gruppo Chabad-Lubavitch © Ferdinando Scianna / Magnum Photos
Alcuni aspetti della funzione sociale, economica e religiosa che ebbero gli ebrei nello sviluppo di Venezia e nella sua affermazione di città cosmopolita ed aperta. 
Alcune curiosità sono necessarie per avere un quadro minimo di questa comunità, presente non solo in laguna ma anche nei territori della terraferma e che fu protagonista, talvolta non per sua scelta, di quello che fummo e che siamo oggi.

[Le immagini a corredo di questo articolo, con frammenti della vita nel ghetto, sono di Ferdinando Scianna / Magnum Photos e sono state utilizzate per la mostra “Ferdinando Scianna. Il Ghetto di Venezia 500 anni dopo”, curata da Denis Curti, presso la Casa dei Tre Oci, in occasione del Cinquecentenario del Ghetto ebraico a Venezia.]
Donne e uomini vestiti a festa per Shabbat © Ferdinando Scianna / Magnum Photos
 La vita degli ebrei di Venezia in pillole

  • Il loro esodo nei territori della Serenissima iniziò quando vengono cacciati nel 1290 dall'Inghilterra, nel 1394 dalla Francia, nel 1470 dalle più grandi città tedesche, nel 1492 dalla Spagna e nel 1497 dal Portogallo.
    a sx, usuraio con il classico berretto nero e dx popolana con la sua oca (il maiale della cucina giudea), entrambi portano sulle vesti la rotella gialla, obbligatoria per essere identificati quando dovevano uscire dal Ghetto
  • La comunità ebraica è già presente in laguna sin dal 1000, quando i primi mercanti svolgevano le proprie attività nell'isola della Giudecca. Nome che potrebbe avere avuto origine dalla presenza di una sinagoga risalente al XII° secolo, ipotesi senza riscontri certi.
  • Su loro richiesta nel 1516 sono stati riuniti in un “quartiere” all'interno del Sestiere di Cannaregio, nel “gheto” fondato per ordine del Doge; un'isola i cui unici accessi erano costituiti da due ponti e gli ingressi muniti di robusti cancelli in ferro, chiusi di notte e vigilati da guardie cristiane pagate dalla comunità.
    Ponte del Gheto Novissimo
    Così la Serenissima passò, per un eccesso di zelo, dall'isolamento alla segregazione.
  • Le aree occupate dagli ebrei erano costituite da: il gheto vechio, il gheto novo e il gheto novissimo. Paradossalmente la zona ebraica più antica di Venezia è il gheto novo. L’aggettivo vecchio o nuovo non c’entra nulla con il periodo storico ma è semplicemente collegato all’età della fonderia (del geto) che vi era ubicata.
  • Oggi risulta il ghetto più antico e meglio conservato di tutta l'Europa.
  • Nel Medio Evo costituivano in laguna la comunità foresta più numerosa, essendo attirati da una vita tranquilla e più sicura rispetto agli Stati europei cristiani del tempo.
  • Venezia, nel Ghetto, ha ancora 5 sinagoghe funzionanti, riconoscibili dall'esterno per le 5 finestre nella parte alta dell'edificio, come il numero dei libri della Torah.
    Campo del Gheto
  • Gli ebrei hanno costruito le abitazione più alte della città (fino a 9 piani).
  • Il loro cimitero si trova al Lido e le tombe rappresentavano l'unico bene immobiliare che veniva concesso in vita.
  • Potevano esercitare l'attività di compra-vendita del denaro (i tassi erano fissati dal Senato), il commercio di tessuti e pellicce, la lavorazione e il commercio dei metalli e delle pietre preziose.
    Usuraio giudeo che indossa la classica berretta nera
  • Diventarono “usurai” per legge quando l'attività dei Monti di Pietà venne chiusa, essendo considerata contraria ai dettami della religione cristiana. Allora gli ebrei istituirono all'interno del Ghetto tre banchi di pegno, il Rosso, il Verde ed il Nero, (si presume) dal colore delle ricevute rilasciate ai clienti. La tradizione vuole che il termine bancario “andare in rosso”, derivi proprio da questo antico Banco di Pegni! Inoltre il termine “usura”, di origine medioevale, indicava il costo del denaro dato in prestito.
  • Dal 1500 e fino al 1700, l'attività editoriale religiosa che gli ebrei svilupparono fu così importante che Venezia ne diventò la capitale europea, conquistando alcuni record: nel 1517 venne stampata la prima Bibbia rabbinica, nel 1524 venne pubblicato il primo Talmud e nel '600 le prime Haggadot, libri multilingue per i rituali Pesach.
    Ebreo a passeggio per il Ghetto © Ferdinando Scianna / Magnum Photos

LE COMUNITÀ GIUDAICHE IN TERRAFERMA

Quasi ogni regione ebbe la presenza di piccole comunità o singole famiglie, provenienti da altre regioni, che investivano nell'aprire banchi per prestare denaro su pegno o per gestire in esclusiva per almeno tre anni la riscossione delle tasse.

Formavano società di capitali solo tra giudei per avviare attività commerciali e per ottenere le “concessioni” alla pratica dell'usura, gli sportelli una volta aperti erano prevalentemente gestiti da dipendenti che poi svolgevano materialmente il lavoro.

Le aggressioni e le persecuzioni subìte nei secoli erano frutto dell'invidia per il denaro che riuscivano ad accumulare e a gestire, più che per motivi religiosi. Inoltre l'operare nei commerci che spaziavano dai prodotti di prima necessità a quelli di lusso, aveva portato il Governo della Serenissima ad avere un occhio di riguardo nei loro confronti, soprattutto perchè avevano in mano il flusso del denaro necessario a sostenere le guerre o a pagare i debiti a guerra conclusa.

In molte città quelli che praticavano l'usura dovevano portare sugli abiti una rotella per distinguersi dai cristiani. Obbligo poco osservato per il quale la Serenissima chiudeva sempre un occhio.

Diverse furono le località dei “teritori de tera” ricordate dalle cronache del tempo per fatti legati ai giudei come Padova, Portobuffolè, Treviso, Conegliano, Soave, Verona, Vicenza, Udine, Feltre, Portogruaro. In pratica non ci fu una città che ne fu esente a seguito o a causa dell'apertura dei banchi.
Sarto ebreo

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