LA QUESTIONE DELL'ORIGINE DEI VENETI: PIERO FAVERO PUNTUALIZZA

Piero Favero

QUESTIONE VENETICA: BOTTA E RISPOSTA


Archeologia ufficiale:
Le cose dovrebbero essere andate più o meno in questo modo, secondo Villar: Un gruppo di indoeuropei che definiamo "occidentali" si sposta da est-nordest verso il centro dell'Europa.
Da qui si dividono tre ulteriori gruppi: quello che poi chiameremo "germanico" migra verso nord e occupa l'area del baltico spingendosi fino alla penisola scandinava e vi rimane sino alla nostra epoca.
Un secondo gruppo migra verso sud e occupa, in momenti differenti (probabilmente più di due ma certamente almeno due) la penisola italica (in sequenza Siculi e Osco-Umbri in un primo momento e poi Latini e Veneti, probabilmente i Veneti per ultimi), mentre un terzo (Celti) si colloca nell'area centrale tra l'area orientale francese e le pianure ad est dell'Austria.
Questi movimenti dureranno quasi un paio di millenni e iniziano nel III millennio e queste sono le posizioni che occupano quando storicamente si cristallizzano le rispettive culture e che mantengono, in linea di massima, in età storica.
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.Quando, ad esempio, si comincia a riconoscere un'identità "protoceltica", "protogermanica" o "protoitalica" siamo giunti al II millennio pev, ma la cronologia della lingua celtica, secondo le analisi delle componenti interne e dell'evoluzione morfologica indicano che questo idioma sorge, come differenziato dall'europeo comune, intorno al 2400 pev., quella germanica probabilmente un secolo prima, quella italica nello stesso periodo circa o poco dopo.
Che i Veneti arrivino dall'Anatolia (che non era affatto "Turchia" ma un coacervo di popolazioni indoeuropee come Elleni (Eolici e Ionico-Attici), Lidi, Luvi, Ittiti, ecc. da una parte e non indoeuropee delle quali abbiamo tracce nel sostrato greco ma di cui non conosciamo chiaramente l'identità dall'altra (dialetti egei pregreci, lingua minoica e suoi dialetti, ecc.) dipende dalla considerazione che in epoca rinascimentale si è data al mito di Enea attraverso i testi di Virgilio e dalla citazione di Omero di un popolo chiamato "Enetoi" (nella traslitterazione greca, ovviamente) e residente in Paflagonia da cui il primo prende spunto per definire l'origine dei Veneti dall'area anatolica.
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.Ma si tratta di una sciocchezza dovuta alla presunzione che l'etnonimico abbia valore esclusivo: "si chiamano Veneti, esistevano dei Veneti in un certo luogo, quindi arrivano da lì".
Nulla di più stupido: la radice indoeuropea *uin- ("chiaro, bianco" ma anche e di conseguenza "eroico, valoroso" con una sequenza etimologica assolutamente normale che accade in altri casi come "illustre", ad esempio) è alla base di moltissimi etnonimici (spesso endoetnonimici, cioè dati dal gruppo a sé stesso, varie volte esoendoetnonimici ovvero, indicanti un popolo da parte di un altro) in quasi tutte le lingue indoeuropee anche in aree laterali: germanico, celtico, illirico, slavo, baltico, indoiranico, ecc.
Significa che è del tutto normale che un popolo chiami sé stesso usando un nome derivato da tale radice e altrettanto che altri popoli lo chiamino in tal modo per varie ragioni.
E infatti è questa il motivo per cui abbiamo tribu celtiche (Veneti dell'Armorica, Feni irlandesi), slave (Vendi della Lusazia), germaniche (Vindelici, ecc) e degli altri gruppi citati che portano nomi simili: "simili" perché mai uguali (e vale anche per i Veneti italici), trattandosi di similitudini dovute banalmente alla trascrizione in greco o latino di nomi diversi nelle rispettive lingue ma derivanti da una stessa radice indoeuropea. Nulla di più probabile che, nel corso della storia, vi siano stati innumerevoli gruppi umani di cultura indoeuropea che abbiano adottato tale banale radice come appellativo comune di sé, in ogni area interessata dall'espansione culturale indoeuropea, Anatolia compresa e Paflagonia inclusa (ammesso che Omero, in questo caso, ci riporti cose reali).
Quindi, anche tutte le castronerie che accomunano "Veneti" sul Baltico a quelli armoricani e ai "nostri" italiani sono solo il risultato di una diffusa ma catastrofica ignoranza.

RISPOSTA (tratto da LA DEA VENETA):

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.Perché allora la stessa radice *wen per i Veneti significa amico, per i Bretoni razza (Gwen) e per i Greci, secondo Paolo Diacono, degni di lode? La comunità scientifica, al proprio interno, non è affatto concorde in merito all‘interpretazione di questa radice indoeuropea. Elena Mucciarelli, ricercatrice del Dipartimento di Indologia dell’Università di Milano, è autrice di una pubblicazione che, sia pur in diverso contesto, mette in relazione *wen con il desiderio (ove in Sanscrito vanas- assume anche il significato di lussuria). Giacomo Devoto identifica la radice *wen nel senso di conquistatori-vittoriosi ed il Prosdocimi invece suggerisce come il nome Veneti designasse in origine genericamente i nuovi arrivati indoeuropei. Il linguista lettone Janis Endzelins (1873-1961) e sulla sua scia K. Buga sostenevano la derivazione del nome Veneti dalla radice indoeuropea *vent(a)s, che ha significato di grande. Il Pokorny, dizionario di Proto-Indo-Europeo, dice che forse *venedi potrebbe derivare da patria, mentre non ha dubbi sul fatto che Veneti derivi da amati. Villar riprende quest’ultima interpretazione del Pokorny e scrive che la frequenza di questo etnonimo in diverse aree europee non va spiegata con ipotetici legami storici e linguistici tra i diversi popoli che ne hanno fatto uso, quanto piuttosto con un’uguale derivazione, più volte ripetuta in modo indipendente, dalla medesima radice indoeuropea *wen, cioè amare. I Veneti (*wenetoi) sarebbero pertanto gli amati o forse gli amabili. Non poteva mancare chi di conseguenza ha messo in relazione alla radice *wen di Veneti perfino Venere, la dea dell’amore, il che – da Casanova in poi – fa certamente onore ai Veneti, ma non spiega perché i Goti ed i Sassoni avrebbero dato ai loro vicini orientali un nome tanto dolce e amabile, e tuttavia avrebbero cercato di sterminarli con ogni mezzo.


Aggiungo: La linguistica è una scienza debole e con gran difficoltà riesce a trovare prove certe. In questo caso poi di scientifico non c'è proprio nulla perché dieci interpretazioni diverse della stessa radice indoeuropea sono semplicemente una buffonata

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