IL SOLDATO CHE DIVENNE DOGE

Mercante affascinante, Valoroso uomo d’armi, Politico e Diplomatico preparato, 77º Doge di Venezia dal 1523 al 1538, definito dagli storici contemporanei “nato per dominare”ed amante dei piaceri della vita


Andrea Gritti, assistito da San Marco, davanti alla Vergine ed altri santi - Jacopo Tintoretto, Palazzo Ducale

Quando scoppiò la guerra tra Turchi e Veneziani (1497) il quarantaduenne Andrea Gritti era un agiato commerciante di granaglie a Costantinopoli, si adoperò in tutti modi per favorire e aiutare la sua Venezia, prima come informatore, poi come ambasciatore e negoziatore di pace.

Possedeva una casa a Pera, affacciata sul Bosforo, dove conviveva con una donna greca dalla quale aveva avuto quattro figli naturali, Alvise, Giorgio, Lorenzo e Pietro. Era un uomo brillante, affascinante, conteso sia dalle donne occidentali sia da qualche signora turca, tanto da far nascere aneddoti legati alle sue avventure galanti. Tra i più noti dal sapore boccaccesco quello in cui si era pazzamente invaghito della bellissima moglie del socio genovese. Per liberarsi del socio, Gritti fece circolare la voce che si era reso colpevole di un grave delitto, (aver sparlato di Maometto), quindi correva il rischio di venir decapitato. Allora Gritti convinse il Pascià di convocarlo a corte per graziarlo, essendo testimone che quelle voci erano infondate, e qui confessò al commerciante genovese di avere fatto una corte spietata a sua moglie senza riuscir a conquistarla e promise che avrebbe smesso da quel momento. Di fronte a tanta generosità il povero genovese ringraziò il veneziano e rimasero amici per il resto del tempo che soggiornarono a Costantinopoli, tanto da consentirgli di frequentare la sua casa e di vedere la moglie.

Andrea Gritti era nato a Bardolino (1455) e morì a Venezia nel 1538.
Orfano del padre in tenera età è il nonno paterno che si occupa di lui e lo fa istruire a Venezia in casa propria su basi umanistiche, facendogli completare poi gli studi a Padova; quando nonno Triadano andrà in missione diplomatica in Inghilterra, Francia, Spagna, per conto della Serenissima, lo vorrà al suo fianco.

Andrea Gritti nelle vesti da Doge, ritratto da Tiziano
Rimasto vedovo a 21 anni dopo che la moglie morì per il parto dell'unico figlio legittimo, lasciò Venezia per aprire un suo magazzino di granaglie in Turchia. Nel giro di pochi anni diviene un punto di riferimento per tutti i commercianti veneziani ed italici per le sue caratteristiche innate da leader.
Favorito dai successi commerciali, riuscì a guadagnarsi la stima della comunità veneziana (di cui diventò sostanzialmente il capo) e degli stessi Ottomani, essendo riuscito a stabilire un legame privilegiato con il gran visir Hersekli Ahmed Pascià, genero del sultano Bayezid II.
La sua vita si complicò un po’ nel 1492, quando il bailo veneziano Girolamo Marcello venne espulso con l'accusa di spionaggio, Gritti, pur non avendo alcun incarico ufficiale, ne divenne il sostituito. 
[Bailo: nome della figura del funzionario che nelle colonie sia veneziane che fiorentine del Levante aveva funzioni di console e d'ambasciatore].

Bayezid II

Maometto II 

I suoi rapporti con i turchi peggiorarono quando alcune sue lettere, indirizzate al Senato veneziano e contenenti informazioni cifrate sui movimenti delle truppe ottomane, vennero intercettate. Arrestato con l’accusa di spionaggio fu rinchiuso alle Sette Torri ma grazie all'amicizia con il gran visir e la stima del sultano lo salvarono dal patibolo pur rimanendo in carcere per quasi 32 mesi, ne uscì solo al termine delle ostilità fra le parti assieme ad altri mercanti veneziani.
Quando riuscì a tornare a Venezia risultò essere il personaggio più adatto a trattare con gli Ottomani, e grazie, alle sue conoscenze, fu latore della lettera dogale del 22 maggio 1503 inviata al sultano e, una volta tornato, fu lui a leggere in Senato la risposta degli ottomani.

Prigionia e ritorno a Venezia
A seguito della politica espansionistica in terraferma della seconda metà del XV° secolo, Venezia si trova a dover fronteggiare la Lega di Cambrai propugnata da Giulio II. Nel 1509 è eletto alla Procuratoria di S. Marco, nomina riservata ad un numero ristretto di patrizi, e nello stesso anno ad Agnadello lo Stato Veneto subisce una gravissima disfatta militare e perde di conseguenza, uno dopo l’altro, tutti i domini sulla terraferma. Andrea Gritti, nominato capitano generale, riconquista rapidamente Padova e successivamente gran parte dei territori perduti, tuttavia questo rimane il momento cruciale per la storia della Repubblica che sarà costretta a ridimensionare la propria politica e la propria immagine. Nel decennio successivo la sua carriera politica è segnata da prestigiosi ed importanti incarichi sia di politica interna che all'estero.
Durante il sacco di Brescia da parte dei francesi, venne fatto prigioniero e condotto al castello Sforzesco di Milano.
Quando il re di Francia venne a conoscenza del suo tentativo di mediazione tra la Serenissima e la Lega di Cambrai, non andata in porto per il no veneziano, lo volle “prigioniero” alla sua corte fino al 1512, anno in cui Gritti condusse la trattativa per siglare l’alleanza tra Venezia e la Francia.
A seguito del fallimentare assedio di Novara, riparò a Ferrara con un pellegrinaggio-fuga non semplice attraverso le città di Lucca, Pistoia, Bologna. 
Ritornato a casa cedette l’attività ai figli per dedicarsi, definitivamente a 50 anni, alla vita pubblica.
Dopo aver partecipato alla battaglia di Padova, scopre che il Consiglio ha nei suoi confronti un altissimo credito: è "il primo homo della nostra patria e il più degno" ed il popolo gli tributa onori da salvatore della Repubblica.

Palazzo Ducale a maggio 1514 lo designa capitano generale da Mar. Una nomina senza valore perché Gritti non salpa con nessuna flotta. Resta a Venezia, di nuovo savio del Consiglio dei dieci. 

Il re di Francia Francesco I, insediatosi a Milano dopo la vittoria di Marignano, quando incontra l’ambasceria veneta, vuole trattare solo con il Gritti. E’ lui, agli occhi della folla, il personaggio che più spicca. Per incentivare sia i buoni rapporti con i nuovi alleati francesi sia la ripresa dell'economia nell’area milanese-bresciana, parecchio disastrata dalle guerre, concede ad Orzivecchi (uno dei caposaldi difensivi lungo il confine che il fiume Oglio traccia tra i territori di Brescia, Bergamo e Cremona) la possibilità di realizzare un mercato generale in cui le merci fossero sgravate da dazi. In questo caso dimostra di avere un largo margine di decisione, dimostrando contemporaneamente un piglio sbrigativo e decisionistico. Anche per questo motivo tutta l’area rimase sotto il dominio della Serenissima fino alla fine del XVIII secolo.
Gritti riconquista Padova
Dogato
Eletto doge nel 1523 e nei quindici anni del suo dogado attuò una politica di equilibrio tra Francia e Impero. Attento all'attività cantieristica dell'Arsenale, preoccupato della salvaguardia dell'ambiente lagunare attivò la ricostituzione del Collegio delle acque e si dimostrò molto attivo nel presiederlo.
Si preoccupò della statica della basilica e fece eseguire lavori di consolidamento, stimolò il riordino della selva legislativa, proliferata lungo i secoli.Vorrebbe che il Gran Codice che patrocina fosse scritto in latino, ma alla fine opta per l'italiano per non “riserbare l'intendimento ai soli colti e ai soli tecnici del diritto”.
A quel tempo erano parecchi i patrizi che non conoscevano il latino. Forse aveva intuito che il volgare avrebbe superato il latino nella comunicazione ufficiale, quindi favorisce le commedie in lingua veneta, specie quando si tratta di far conoscere l’Aretino al popolo.
Riuscì a mantenere Venezia neutrale rispetto alle lotte che agitavano ancora l'Italia grazie al trattato stipulato con Carlo V°.
Non rinuncia ai piaceri della mensa nemmeno negli ultimi giorni. Quattro giorni prima di morire si concede una gran mangiata di pesce.
Muore il 28 dicembre 1538 e, dopo le solenni esequie ai Ss. Giovanni e Paolo, viene sepolto in quella chiesa di S. Francesco della Vigna di cui aveva promosso la ristrutturazione affidandola a Iacopo Sansovino.

Un piccolo manifesto post elettorale che ha attraversato mezzo millennio
(La nuova Venezia, 09 giugno 2015)


Le esultanze "elettorali" dei sostenitori del Doge Andrea Gritti
Una singolare scoperta storica dello scrittore veneziano Alberto Toso Fei.
"Sfilo sul lato di Santa Giustina - scrive - e la mia attenzione è catturata da un piccolo corno dogale dipinto con la porpora, dentro una nicchia laterale dell’ex chiesa. Ai lati del corno, e più sotto, vi sono dei “viva (W)” di esultanza. Sono in tutto e per tutto simili a quelli del 1588 inneggianti a Pasquale Cicogna e a quelli del 1684 dipinti in occasione dell’elezione di Marcantonio Giustinian, che si trovano sulle colonne delle Procuratìe Nuove a San Marco. Un doge, quindi, ma chi? Il nome è abbastanza leggibile: ANDREA. Una consultazione alla cronologia dei dogi rivela che il primo Andrea che si incontra, a ritroso nel tempo, è Andrea Gritti eletto doge nel 1523. Prima di lui c’è Andrea Vendramin, tra il 1476 e il 1478, ma in quell’epoca la chiesa (oggi ingresso al Liceo Benedetti) aveva ancora la vecchia facciata".



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