Mascareta, mi te conosso!







PRINCIPALI MASCHERE VENETE

Arlecchino, il servo imbroglione
Pantalone, l'anziano mercante
Colombina, la fidanzata di Arlecchino

La Bottega dei Mascareri
Non si può andare al carnevale di Venezia senza conoscere quali erano le maschere che piacevano al popolo veneziano.
Chi fabbricava le maschere veneziane ai tempi della Serenissima erano i "Mascareri", consociati nell'Arte dei Maschereri fin dal 1436. 

Ora sono poche le botteghe che possono vantare dei maschereri che producono maschere veneziane come una volta, con la cartapesta, pur essendo presenti qualche centinaio di negozi che vendono molto Made in China. 

La Baùta, "la maschera che ogni disuguaglianza agguaglia", è tra quelle veneziane la più conosciuta.
Questa maschera, tipica del ‘700, veniva indossata sia dagli uomini che dalle donne e garantiva il massimo anonimato, lasciando scoperta la bocca e coprendo solo il viso. 

Il travestimento era così composto: maschera bianca per il volto, mantello nero (detto anche "tabarro") ed il tipico tricorno, copricapo in feltro del '700, di colore nero.

Usata non solo durante il Carnevale ma anche nelle feste, nei teatri, negli incontri amorosi ed ogni volta che l’incognito facilitava le avventure. Era doveroso e cortese, ad ogni baùta incontrata, porgere il saluto.
Quando la baùta era sorretta dal tricorno veniva chiamata
anche larva o volto, il tutto indossato con il tabarro nero; forse deriva dal termine latino corrispondente a "maschera" o "fantasma" in quanto ci si può immaginare l'effetto di un Veneziano tutto vestito di nero con questa maschera bianca mentre cammina per le calli male illuminate e al chiaro di luna. 




Le maschere veneziane più usate dal popolo erano:

Bernardòn è quella definita una "lurida macchietta popolare"e veniva rappresentato come un vecchio pidocchioso che mostra le piaghe dovute agli stravizi di gioventù e al mal francese (sifilide) che lo sta consumando. Era coperto di cenci a pezzi che gli lasciavano scoperte parte delle braccia, delle gambe e della schiena per far apparire finte piaghe e bubboni sanguinanti. Il capo era avvolto da un drappo lordo di sangue, aveva una gamba di legno e si reggeva in piedi con dei bastoni.
La Gnaga (sopra e sotto)

La Gnaga (la maschera indossata dagli uomini per impersonare figure femminili) in pratica un uomo vestito da donna e che usava una maschera da gatta imitandone il miagolare e un cestello al braccio contenente un gattino. Nei modi di dire veneziani, usare l'espressione "ti ga na vose da gnaga" indicava un tono di voce stridulo. Spesso le gnaghe si fingevano delle balie e a volte si facevano accompagnare da bambini o da altri uomini vestiti da "tati" e "tate" (bimbo e bimba).

Il Mattaccino, il pagliaccio del carnevale con abito bianco o multicolore, leggero e corto, con in testa un cappello piumato. Secondo un'antica usanza lanciava con la fionda (frombola) uova ripiene di profumi (ovi profumai) agli amici e conoscenti affacciati ai balconi.


La Moretta
La Moretta, era quella preferita dalle donne. In velluto di colore nero e di forma ovale, stava aderente al viso perché sostenuta da un bottoncino attaccato alla maschera e trattenuto con la bocca. Tra le maschere veneziane era quella tra le più bizzarre ma era tra le più apprezzate dagli uomini perché il silenzio dava alla figura femminile un certo fascino misterioso. 

Medico della Peste
Il Medico della Peste è quella maschera riconoscibile dal lungo naso simile al becco di una cicogna e per una lunga palandrana nera, lunga fino alle caviglie, un paio di guanti, una canna ed un cappello a tesa larga. In origine serviva da protezione ai Medici che dovevano venir a contatto con gli ammalati di peste. All’interno del lungo naso erano contenute delle miscele di fiori secchi profumati che agivano da filtro e per tener lontano i cattivi odori degli appestati.
Medico della peste

Omo Selvadego (Uomo Selvaggio) spesso protagonista della festa del giovedì grasso, era un bizzarro personaggio tra l’ingenuo e l’ostile, villoso e volgare nella parlata, armato di nodosi bastoni, coperto con pelli di animali vistosamente ostentate. L’uomo selvaggio era un travestimento assai facile da realizzare e quindi piuttosto diffuso tra il popolo..
 


Brighella, altro costume tipico delle maschere veneziane a righe bianche e verdi, compagno di avventure di Arlecchino e talvolta scambiato per Zanni. Si tratta di un personaggio nato nel Medioevo a Bergamo e poi trasferitosi in laguna, rappresenta il servo furbo ed attaccabrighe.

Arlecchino è la maschera veneziana per eccellenza anche se il personaggio annovera origini bergamasche. Essa è facilmente riconoscibile per il suo costume multicolore e per i suoi continui movimenti alternati a salti e a capriole. Protagonista in "Arlecchino Servitore di Due Padroni", una delle più celebri commedie di Carlo Goldoni. 

 
Pantalone. Tipica tra le maschere veneziane della Commedia dell'Arte, la figura di Pantalone (detto pure Pantalon de' Bisognosi) rappresenta in forma farsesca il carattere del mercante di Venezia che tanto ha contribuito con i suoi commerci alla ricchezza della sua città. Spesso sopraffatto dall'avvenenza femminile di Colombina e di Franceschina.

Colombina è la fidanzata e poi moglie di Arlecchino ed è spesso oggetto delle attenzioni di Pantalone. Rappresenta la servetta furba, spesso in compagnia della sua padrona, Rosaura, la figlia di Pantalone, che riesce spesso a raggirare grazie alla complicità della sua domestica.
Colombina

Facanapa, detto anche Fracanapa appartenente alla schiera dei vecchi personaggi, venne creato dal marionettista Antonio Reccardini e portato in scena nei primi anni dell’Ottocento come marionetta veneta, originaria di Rovigo o di Verona.
Il nome trova corrispondenza con Fra Canàpa, un frate dalla corporatura piuttosto massiccia, la cui peculiarità era il naso dalle grandi dimensioni. Dal carattere gioviale, Facanapa raffigura a volte il ruolo del servo, altre del padrone, sempre di buon appetito con una passione per il vino, e dall’aspetto curato.
Un'altra sua caratteristica era quella di storpiare alcune lettere per ottenere un effetto comico nel suo parlato. In veneto quando il naso è importante viene chiamato nàpia, scànopia, canapìa.
Facanapa o Fracanapa

Zanin o Zanni
Zanin, rappresenta un'altra maschera non molto conosciuta, il suo ruolo era quello del servo contadino, dai modi un po’ rozzi ma dal carattere astuto e sfrontato. L’abbigliamento specifico prevedeva un camiciotto e larghe brache bianche, un borsellino alla cintura e una mazza o batocio (da cui l’appellativo Arlecchin Batocio) ed un berretto floscio. 
Paladino che combatteva le ingiustizie e lo sfruttamento, da sempre prende in giro con abilità e destrezza la classe aristocratica. Il suo nome deriva dal nome "Giovanni" che nel dialetto veneto diventa “Zanni”, “Zuan” o “Zan”, con una “Z” che cambia di suono (o per la posizione della lingua tra i denti) man mano che si sale dalla laguna alle montagne bellunesi.
Nella Venezia del Cinquecento e nei paesi di campagna, il termine “Zanni”, veniva usato come soprannome per indicare facchini e servi.

Tabarino, dalle origini molto antiche. La leggenda narra che il suo nome derivi da Giovanni Tabarin, comico veneziano del 1500.
Caratteristico il tabarro indossato da questa maschera, da cui riprende il nome, e il curioso cappello di feltro nero al quale l’attore dava le più svariate forme. La maschera uscì dalle scene alla morte dell'attore veneziano per poi ritornare intorno al '600 grazie al comico Giovan Battista Menghini, che riprese il personaggio facendolo diventare un dispotico esponente del ceto mercantile, spesso coinvolto in intrighi e passioni amorose.





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