il secolo di Marghera, dalla nascita alla riconversione [1a parte]



MARGHERA, UN SECOLO DI VITA

dalla nascita alla riconversione, i 100 anni della Z.I. di Venezia

Premessa. Non è né facile né semplice raccontare in sintesi le vicende che si sono sviluppate nell'arco di un secolo (1917-2017), passando attraverso due guerre mondiali,  di una zona industriale i cui pionieri (imprenditori ed operai) segnarono nel bene e nel male l'economia di una nazione e le sorti di una città, di una regione. E la situazione attuale, ferma tra la necessità di riscatto e le sabbie mobili della burocrazia, ne è la dimostrazione che nemmeno il bisogno di lavoro, di occupazione e di tranquillità sociale non riescono a dar un futuro a questo angolo fragile del mondo, unico per mano umana
Certi dettagli sulle condizioni lavorative di questi 100 anni potrebbero far sorridere quando in realtà testimoniano l'evoluzione socio-economica ed il prezzo che un'economia, passata da rurale ad industriale, ha dovuto pagare.
Ho diviso il racconto in cinque parti, cinque periodi legati a determinate situazioni storiche.



Il passaggio dal 1800 al 1900
Lo sviluppo di Marghera inizia con la costruzione del ponte ferroviario (1836-1857) che segnerà la fine, già iniziata nel 1797, di quell’isolamento dorato della Serenissima durato per oltre mille anni.
Sarà un processo pieno di contraddizioni, lento, articolato e tortuoso, legato alle varie personalità coinvolte (tra tutti Vittorio Cini, Giuseppe Volpi e Piero Foscari) che dimostrano come Marghera sia il risultato di un progetto elaborato all’interno dell’alta finanza italiana più che veneta con il nobile obiettivo di rilanciare la vita economica di Venezia e quindi di salvarla dalla decadenza a cui era condannata.

Le misure protezionistiche dei governi Depretis, adottate verso la fine dell’800 per stare al passo con le altre potenze europee che avevano già imboccato la strada dell’industrializzazione, facilitano la nascita di numerose acciaierie (la Terni nel 1884), officine meccaniche (Ernesto Breda nel 1886), stabilimenti chimici (Pirelli nel 1872) e dal 1884 vengono costruite le prime centrali elettriche per soddisfare la domanda delle nuove attività industriali.
Questi investimenti portarono alla svolta del paese con cui iniziò la sua trasformazione, da civiltà contadina ed artigiana a quella industriale puntando sui settori: tessile, meccanico, siderurgico e chimico.
Giuseppe Volpi, fautore ed artefice della creazione di Porto Marghera, della GrandeVenezia città tra museo ed albergo per il turismo, della Mostra del Cinema e della Biennale d'Arte.

L’industria chimica nazionale era da poco decollata grazie alla scoperta della soda e dell’acido solforico impiegati nella produzione di fertilizzanti. Così pure l’acciaio (lega ferro e carbonio) che prende il posto del ferro in gran parte dei manufatti (binari, navi, caldaie, locomotive, case, fabbriche e cannoni, ponti, torri).
A quei tempi l’Italia presentava una struttura economica basata sull’agricoltura, con poche industrie concentrate in particolare nelle città di Genova, Torino e Milano (la maggiore per fatturato e dipendenti era l’Ansaldo di Genova, costituita nel 1853).
Tra il 1900 ed il 1908 nacquero, in particolare la maggioranza sono nel Nord Ovest, le grandi industrie come la Fiat e l’Alfa (settore auto), la Terni e l’Ilva (settore siderurgico), la Olivetti, l’Ansaldo e la Breda (settore metalmeccanico), la Montecatini (settore chimico dei fertilizzanti), il Cantiere Navale Triestino (settore navale) e il settore dell’industria idroelettrica (Edison in Lombardia e SADE nel Veneto).
Nel Veneto diverse realtà produttive, in funzione prima dell’unificazione, dovettero chiudere per i mancati aiuti fiscali che erano stati promessi ma mai arrivati.
L’impiego dell’elettricità consentì comunque di velocizzare il processo di industrializzazione grazie anche alla realizzazione di infrastrutture stradali e ferroviarie.
Solo nel quarto di secolo tra il 1876 e il 1900 migrò quasi un milione di veneti (esattamente 949.711, stabilendo un triste primato con una media di oltre il 30% sul totale italiano) dovette scegliere la strada dell’espatrio per questioni economiche, fortemente intenzionati a riscattarsi da una condizione sociale umiliante.
La maggioranza erano contadini che i padroni di città non consideravano per niente. Questi abitanti delle campagne erano colpevoli, secondo i signori, di essere devoti ai loro parroci e fedeli alla religione, e quindi rozzi, arretrati, estranei alla modernità. Erano gli antenati di quegli imprenditori che avrebbero realizzato l’industrializzazione diffusa degli anni ‘70, trasformando il Veneto nei successivi vent’anni in una delle più attive e prospere regione d’Europa.
Fenomeno conosciuto come la rivoluzione veneta.

sopra e sotto due immagini della stazione marittima di Santa Marta a Venezia

Allora il Porto di Venezia era il secondo in Italia dopo quello di Genova ed aveva come concorrente diretto nell’alto Adriatico quello di Trieste che dal XVIII° secolo era diventato porto franco per l'intervento dell'imperatore asburgico Carlo VI, per cui era forte l'esigenza di creare un nuovo “porto sussidiario” in terraferma, per ospitare soprattutto i traffici di petrolio e carbone, oltre che per ottimizzare i vantaggi del trasporto ferroviario. Soprattutto per il fatto che le Ferrovie di Stato, dopo aver costruito il parco ferroviario a Mestre, avevano aperto le tratte di collegamento tra i primi insediamenti industriali, sorti alla fine dell’800 tra il Canal Salso e la linea ferroviaria che collegava Venezia alla terraferma, con l’entroterra veneto verso ovest, cioè in direzione di Milano.

Già dal 1846 Venezia era raggiungibile con il treno: infatti l’11 gennaio di quell’anno venne inaugurato il ponte ferroviario translagunare, lungo 3.600 m. Fu il primo ponte ferroviario tra Venezia e la terraferma (1836-1857) della ferrovia ferdinandea Venezia–Milano, che consentì all’economia lagunare di iniziare gli scambi con la terraferma senza l’uso di imbarcazioni.
"Il 27 luglio 1931 iniziarono i lavori per l'allacciamento stradale con la terraferma e furono ultimati il 25 aprile 1933, dopo solo ventuno mesi […]. Fu un'opera grandiosa: il ponte attraversante la laguna misura infatti quattro chilometri di lunghezza ed è largo venti metri; altri quattro chilometri di strada furono costruiti sui terreni pantanosi delle barene per raggiungere l'abitato di Mestre: il detto ponte rimase il più lungo ponte del mondo. Attualmente è il più lungo d'Italia, e richiese trecento chilometri di palafitte, quarantamila metri cubi di calcestruzzo, ventimila metri cubi di mattoni, quarantacinquemila tonnellate di pietra da taglio."
Fasi costruzione ponte stradale dei record per quei tempi: lungo 4 km + 4 km di strada sui terreni paludosi delle barene, largo 20 m, 40.000 mc di calcestruzzo, 20.000 mc di mattoni, 45.000 mc di pietra e costruito in soli 21 mesi


Questa era la relazione del principale artefice del ponte, l'ingegner Eugenio Miozzi (Brescia 1889- Venezia 1979) quando venne inaugurato. All'atto dell'inaugurazione, era l’anno XI° dell'Era Fascista, il ponte translagunare fu chiamato Ponte del Littorio, ma nel 1945 fu ribattezzato Ponte della Libertà.

Le motivazioni politiche e socio-economiche che un secolo fa spinsero alla realizzazione di una nuova Venezia dovrebbero essere analizzate oggi con un occhio particolare, attento alla fase in cui la globalizzazione mondiale viene vissuta con la povertà crescente della maggioranza del popolo e con flussi migratori le cui modalità di accoglienza dividono la società veneta e nazionale.
Inoltre è doveroso ricordare che le ex aree industriali di Marghera non sono state ancora completamente bonificate e che il loro riutilizzo è ancora impossibile per il fallimento di tutte le soluzioni sostenibili, fatte in chiave green, rimaste purtroppo solo sulla carta. [segue]



Prossimamente
[seconda parte]
1900 - 1916: LO SVILUPPO INDUSTRIALE VENEZIANO
1917 - 1921: CRESCE PORTO MARGHERA

[terza parte]
LA GRANDE VENEZIA
1922 -1945: dal primo governo fascista alla fine della seconda guerra mondiale

[quarta parte]
Gli ultimi anni della IIa guerra mondiale e la mancanza del cibo
Le significative vicende di Ca’ Emiliani (1934 – 1974)

[quinta parte]
Curiosità ...
1946-1970
Gli anni ‘70
Dagli anni ‘80 al 2000





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