LA STRAORDINARIA VITA DI UN DOGE SANTO, PIERO ORSEOLO



Tempo fa, un caro amico che milita nel campo “avverso”, quello dei filo napoleonici (esistono pure le aberrazioni, in natura) ci sfotteva amabilmente dicendo che il loro amato era pure tra i Santi del calendario canonico. C’era un San Napoleone (15 agosto) inventato di sana pianta per compiacere “l’imperatore”.
Ora leggo che noi un doge santo ce lo abbiamo per davvero, ed è il doge Pietro Orseolo (976-978). Niente fuffa finta, come i napoleonici. Qui trovate la descrizione della vita e le operehttp://www.santiebeati.it/dettaglio/91342
Fu canonizzato il 9 maggio 1731 e le reliquie arrivarono dalla Francia dove era morto in regime di clausura, per essere deposte nella Basilica di San Marco.



Pietro Orseolo nacque a Venezia nel 928, da nobile famiglia veneziana. Fu comandante della flotta veneta contro i corsari saraceni, che ormai da secoli costituivano una vera e propria piaga per il mar Mediterraneo. Non accontentandosi di attaccare le navi commerciali, spesso costoro compivano anche spaventose scorrerie sulle coste, saccheggiando e massacrando, portandosi via il bottino e soprattutto degli schiavi. Partendo dai loro covi africani, colpivano le loro vittime e fuggivano prima di aver dato loro tempo di poter organizzare la difesa. Talvolta si spingevano anche nell’entroterra continentale, attaccando castelli, monasteri e villaggi, che proprio non si aspettavano di veder spuntare i saraceni.
Inutile ribadire come il commercio marittimo fosse fortemente penalizzato da tutto ciò, a maggior danno delle Repubbliche Marinare, che furono così costrette ad organizzare flotte militari permanenti al solo scopo di contrastare i saraceni.
Nel 976 a Venezia una congiura di palazzo sfociò in una rivolta in cui rimase ucciso il doge Pietro Candiano. Stava dunque per iniziare una nuova aspra lotta tra le fazioni della Serenissima, quando saggiamente prevalse l’opzione di eleggere alla massima carica cittadina un personaggio neutrale. La scelta non poté che cadere su Pietro Orseolo, uomo di profonda fede cristiana, da tutti stimato per la sua capacità e il rigore morale.
Il novello doge non deluse le aspettative ed in breve tempo riuscì nell’intento di riappacificare la città, convogliando le risorse del suo governo in numerose opere benefiche e di pubblica utilità. Fece ricostruire la patriarcale basilica di San Marco ed il Palazzo Ducale, distrutti dai cospiratori che avevano ucciso il suo predecessore. Fu munifico anche nella costruzione di nuove chiese e finanziò perfino di tasca propria l’erezione di un ospizio.
Furono questi due anni “serenissimi”, nei quali Venezia poté così ben meritare il suo celebre appellativo, sotto la guida del santo doge. Due soli anni, perché nel frattempo Pietro I Orseolo maturò una scelta di vita diversa: al regno terreno preferì quello dello spirito. D’accordo con moglie e figli e sotto l’influenza dell’abate Guarino intraprese la vita religiosa nel monastero benedettino di Cuxa, ai piedi dei Pirenei. Seguendo l’esempio ed il magistero di San Romualdo, fondatore dei Camaldolesi, si rinchiuse in una cella così angusta da non potervi stare né ritto né steso. Profondamente umile ed austero, fu dotato da Dio di spirito profetico. Terminò dunque santamente la sua vita in preghiera e penitenza pressò Cuxa il 10 gennaio del 987.
Il Martyrologium Romanum lo ricorda nell’anniversario della morte, mentre il Menologio Camaldolese pone una sua festa anche al 19 gennaio.

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