PORTA DE OVEST - Dove 1866 e indipendenza si incontrano

Dove 1866 e Indipendenza si incontrano.

di Michele Brunelli (Brune£i) 

Essere stati invasi da eserciti Francesi, Austriaci ed Italiani non ha reso i Veneti francesi, né austriaci, né italiani.

Via Prà Serà nell’estrema lingua di territorio veneto circondata dall’Italia del Nord.
Nel mondo i confini sono spesso delle linee che vanno a zig-zag fra due territori in modo irregolare. C’è una lingua di territorio veneto che si insinua nel nord-Italia. E’ collegata al resto del Veneto da una striscia di terra stretta pochi metri, giusto lo spazio per una strada. E’ una zona di campagna verde e tranquilla e il nome della strada riassume geografia e storia politica in due parole con precisione millimetrica: Prà Serà, prato chiuso in veneto. E’ una strada di campagna asfaltata e discretamente larga ma presenta vistose crepe, come un luogo che in fin dei conti nessuno si cura di tenere proprio sempre in perfette condizioni.
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I cancelli che danno sui campi, diversamente da quelli delle case di pochi metri prima, hanno un aspetto un po’ dimesso da campagna di periferia. L’entrata principale sembra essere da qualche altra parte. In una curva fra gli alberi s’intravede l’inferriata di una ditta che sembra voler occupare l’ultimo estremo angolo di questa linea zigzagante. Di là c’è la Lombardia veneta, le terre di Brescia e Bergamo strappate alla Serenissima, accorpate al Piemonte e alla Lombardia milanese e diventate parte fondante dell’Italia nel 1861. Di qua c’è il Veneto, territorio governato di fatto dall’Italia dal 1866. Per arrivare in questa zona si percorre una strada che arriva da Peschiera (Verona), lambisce Sirmione (Brescia) e rientra a Peschiera. Per un’ironica vendetta della storia qui si incontrano due strade: da Sirmione proviene Via 1866 che termina in Veneto gli ultimi metri, in Veneto c’è Viale Indipendenza che proviene da Peschiera.

Via 1866, in Nord-Italia, e Viale Indipendenza, in Veneto.
Non sono curiosità confinarie nostalgiche. E’ un fatto attuale. La storia ha fatto si che un referendum sull’indipendenza sia più facile dalla parte di qua. Certamente, se Brescia e Bergamo vorranno tornare con noi saranno i benvenuti. Ma le manovre militari dell’epoca hanno segnato chiaramente il presente della Lombardia veneta: il percorso per l’indipendenza è più facile di qua, che di là. Del resto, quando a fine 2010 il governo italiano ha maldestramente abrogato le leggi di annessione (ma la legge non ammette ignoranza: vale comunque), l’abrogazione ha avuto effetto di qua, non di là. Di là è Italia. Di qua è Veneto, governato di fatto dall’Italia.

Confine di invasioni

Questo destino di terra di confine segna anche altre parti del Veronese. Valeggio sul Mincio è una città che, come Peschiera, si trova nell’estremo ovest del Veneto. La gente parla veneto, un veneto tipicamente veronese: presenta anche qualche leggera influenza lombarda ma è perfettamente intercomprensibile con le altre varianti della nostra lingua. Nel bar del centro non ho avuto il minimo problema a parlare con i gestori. Benché l’abitato di Valeggio sia costruito in gran parte al di qua del Mincio, una piccola parte del paese si estende sulla riva ovest del fiume.
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Borghetto, frazione di Valeggio sul Mincio, testa di ponte veneta sul lato nord-italiano dell’Adige. A pochi metri da qui, la Chiesa di San Marco.
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Borghetto è una frazione pittoresca costruita a cavallo del Mincio e una delle prime zone che si incontrano giungendo dalla Lombardia veneta. Attraversato a piedi il ponte antico si incontra una piccola piazzetta accogliente, Piazza San Marco, sulla quale si affaccia la Chiesa di San Marco. Su un muro, alcune steli scolpite ci ricordano le ultime guerre subite da questo pezzo di Veneto: la conquista francese, la conquista austriaca e poi la conquista italiana. Vista la natura di confine e la storia di guerre delle terre veronesi, è abbastanza comprensibile che rispetto ad altre zone del Veneto la retorica italiana abbia più peso qui.
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Essere stati invasi da eserciti Francesi, Austriaci ed Italiani non ha reso i Veneti francesi, né austriaci, né italiani

Quando al referendum vincerà l’indipendenza qui si troveranno il confine di Stato a pochi chilometri di distanza ed è chiaro che il mondo produttivo sia perplesso. E’ una terra di confine che non è più abituata a fare il confine. E l’ultimo tipo di confine di cui ci si ricorda è un confine ottocentesco con dogane e postazioni militari. La novità e le opportunità di un moderno confine europeo, confine aperto e allo stesso tempo pur sempre confine, non vengono colte in una terra veneta segnata ripetutamente dal sangue delle conquiste francesi, austriache ed italiane.

Il futuro: indipendenza e modernità

Il mondo produttivo, come anche buona parte dell’opinione pubblica veneta, vive con la vecchia idea che indipendenza voglia dire confine-muro-con-guardie-armate, come nell’Italia ottocentesca e nell’Europa della guerra fredda. Essi devono invece modernizzare la propria visione e adeguarla ai tempi moderni: devono capire che l’Indipendenza del Veneto porta un confine moderno, globale, un confine-porta dove Verona sarà il punto di passaggio, di comunicazione, di scambio, di ingresso e di uscita fra il Veneto e gli altri Paesi del mondo. Un Veneto indipendente che comunica con il mondo ha bisogno di una porta occidentale e Verona avrà la grande opportunità di tornare ad essere nuovamente la Porta de Oçidente del Veneto rinato. Questa è la grande opportunità che il mondo produttivo veronese deve cogliere. Per coglierla, il mondo produttivo veronese deve smettere di pensare nei vecchi termini di Italia (del Nord) e deve iniziare a pensare in termini globali, cioè Veneti.

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