ONORE AI SERENISSIMI – di Pucci Cipriani



A Ludovico Manin

Pregando sulla tua tomba nascosta / il saluto ti porge un veneziano / che al tuo calvario con pietà si accosta, / ultimo Doge, ultimo Sovrano.
(Federico Fontanella)

di Pucci Cipriani

Ludovico Manin, l’ultimo Doge di Venezia, morì cinque anni dopo la cancellazione – avvenuta manu militari da parte delle truppe straniere rivoluzionarie dell’invasore Napoleone Bonaparte – della gloriosa Repubblica Veneta che cadde, appunto, nel 1797,  mentre le popolazioni della penisola insorgevano, in armi, molte volte perfino nonostante e contro gli ordini dei Sovrani, per difendere il Trono e l’Altare :
“Quando i reggitori della Repubblica di San Marco, tremanti di paura alle minacce francesi, strappavano le gloriose insegne del leone alato, e supplicavano pace, i contadini del Veronese gridavano ‘Viva San Marco!’ e morivano per esso in quelle Pasque che rinnovavano i Vespri.  Quando, sotto il cumulo di umiliazioni patite da prepotenti francesi e da giacobini paesani, Carlo Emanuele abbandonava Torino, i montanari delle Alpi, i contadini piemontesi e monferrini, continuavano disperatamente la resistenza allo straniero. Quando nella Lombardia gli Austriaci si ritiravano incalzati dai Francesi , i contadini lombardi a Como, a Varese, a Binasco, a Pavia, osavano ribellarsi al vittorioso esercito del Bonaparte, sfidando la ferocia della sua vendetta.Cfr.: Niccolò Rodolico : “Il popolo agli inizi del Risorgimento nell’Italia meridionale” Felice Le Monnier Editore, Firenze 1926.)

Quando il mite Ferdinando III di Toscana era licenziato dai suoi nuovi padroni, e i nobili fuggivano, e i Girella, democratici improvvisati, venivano fuori con la coccarda tricolore, i contadini toscani insorgevano al grido di Viva Maria! Quando nelle Marche scappavano generali e soldati pontifici e il vecchio Pontefice arrestato era condotto via da Roma sua, non i Principi cattolici osarono protestare, non Roma papale insorse, ma i contadini dai monti della Sabina alle marine marchigiane caddero a migliaia per la loro fede e per il loro paese. Quando vilmente il Re di Napoli con cortigiani, ministri e generali fuggiva all’avanzar dello Championnet, soli, i montanari degli Abruzzi, i contadini di Terra di Lavoro, i Lazzaroni di Napoli si opposero all’invasore in una lotta disperata e sanguinosa”
...
ecco il saccheggio dei beni dei Veneti che continua, all'ombra del tricolore, oggi come allora

Ecco, si rifacevano alle gesta eroiche degl’insorgenti controrivoluzionari, quel gruppetto di “insorgenti veneti” :


Gilberto Buson – Cristian Contin – Flavio Contin – Antonio Barison – Luca Peroni – Moreno Menini, il “Bocia” – Fausto Faccia – Andrea Viviani

ai quali va il memore ricordo e la mia immensa simpatia, che nella notte del 17 maggio 1997, bicentenario delle Insorgenze antigiacobine, arrivarono, sequestrando un traghetto, in piazza San Marco, con un “Tanko” (un carrarmato fatto da un trattore e coperto di cartone dipinto) salirono sul campanile (avevano portato con sé abbondanti viveri) “occupandolo” e incaricando “l’Ambasciatore Veneto” Bepin Segato di trattare con “lo Stato straniero italiano”…I “Serenissimi” volevano ricordare la gloriosa Repubblica e il suo Doge e contestare l’annessione del Veneto all’Italia e anche la presunta appartenenza del Veneto alla Padania, lo stato che, proprio in quei mesi, andava propugnando Umberto Bossi con la sua Lega Nord.

Si trattava naturalmente di una “romantica” ed esaltante azione dimostrativa – ma questo la stampa (e anche molti politici) lo capiranno, o, forse, lo vollero capire, soltanto molto dopo – ma intanto questa “azione” del commando dei “Serenissimi” occupò giorni le prime pagine dei giornali, mentre alla televisione, si aprivano i notiziari con le notizie dell’assalto al campanile da parte dei “Serenissimi”.

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..Un gesto che fece piovere sul capo  dei patrioti i fulmini e le saette del giacobinismo italico: attentato armato allo stato, interruzione di servizio pubblico a causa delle interruzioni delle trasmissioni televisive effettuate in precedenza alla manifestazione veneziana ( gli otto erano intercettati da mesi)…eversione, banda armata, associazione a delinquere, associazione sovversiva…perfino Bepin Segato, l'”Ambasciatore veneto”, che non partecipò all’azione, ma che aveva solo l’incarico di trattare con il “governo italiano”, si beccò  quattro – anni – quattro  di galera…anni che fioccarono, come neve in dicembre, sulle povere teste dei veneti: anni e anni di galera come fossero noccioline, mentre la grande stampa a cominciare dal Corrierone a “La Stampa”, dall’Unità fino al Manifesto, intonavano il “Crucifige” nei confronti degli “eversori"

E ai blitz (quanto ridicoli e stupidi lo spiegheranno dopo i giornalisti che li avevano richiesti) seguirono le manette, le perquisizioni in piena notte nelle case dei “sospettati”, gli arresti, il terrore dei familiari, il tuonare dei pubblici ministeri, la lettura di sentenze “esemplari” e schifose a un tempo, i lunghi interrogatori che ricordavano quelli dei Gulag, la mancanza di vergogna da parte del giacobinume e dei parlamentari papponi che si distribuivano parimenti in tutte le formazioni dell’arco parlamentare, il piombo della stampa che chiedeva la testa dei “rei”, i fervorini mielosi, patriotico risorgimentalisti, del Presidente della Repubblica (che, se non erro, a quei tempi, era il molto onorevole Azeglio Ciampi), e perfino i proclami idioti del tricolorismo “staraciano-finiano” che abbaiavano contro l’attentato all’unità d’Italia…insomma le forze “risorgimentali” della Grande Loggia al completo.


Nel 1999 il Ministro della giustizia sovietica Piero Fassino bloccò l’iter di una domanda di grazia presentata dalla moglie di Luigi Faccia; intervenne , poi, ancora una richiesta di grazia, alla quale dette parere favorevole il Ministro Roberto Castelli, ma che non fu concessa, per il netto rifiuto del “resistente” e tricolorato Ciampi, adesso quasi centenario pensionato d’oro (che il Grande Architetto gli conceda il meritato riposo!)

...Il gesto fece sì che tutto il mondo parlasse di questo avvenimento: della voglia di libertà di questo popolo cristiano e laborioso che ha le proprie radici profonde nella Repubblica di Venezia; del resto gli otto “assalitori” riuscirono a guadagnarsi la simpatia della gente con il loro comportamento, un comportamento esemplare di fronte alla persecuzione e alla galera: “Il nostro non è stato un gesto violento o terroristico: non abbiamo torto un capello a nessuno, volevamo solo richiamare l’attenzione sul sentimento identitario per la nostra terra, sulla nostra voglia di Indipendenza da questa Italia…se ci sono stati dei reati riconosciuti dalle leggi italiane, ebbene, noi siamo pronti a pagare, senza chiedere sconti, senza piagnistei.”.

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Quando vedemmo il famigerato “Tanko” in televisione tutti capimmo che quello era stato solo un gesto dimostrativo e che, semmai, il fatto grave era stato quello di aver fatto credere al pericolo che avrebbero corso le istituzioni democratiche (sic) e aver “montato” il caso.

Quello che però i solerti giudici o i loro suggeritori, quello che i politici, attaccati al totalitarismo risorgimentalista, non avevano previsto era il consenso che, da allora, cominciò a crearsi per la causa dell’Indipendenza veneta, la solidarietà che la maggioranza della popolazione veneta (ma non solo loro) espresse nei confronti di questi “uomini coraggiosi” che avevano issato sul campanile di San Marco il Gonfalone con il Leone della Serenissima Repubblica Veneta. Quello che i servi del regime non avevano previsto è come questo gesto fosse riuscito a risvegliare anche negli altri popoli della penisola la voglia di identità e di libertà: a cominciare dai popoli del glorioso Regno del Sud.


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“Benché anch’io mi ritenga un cittadino del mondo (come Dante Alighieri scrisse di esserlo, e scusate se è poco) e benché io creda – scriveva un caro amico oggi ottuagenario, il poeta veneziano Avvocato Federico Fontanella – che nascere in un posto piuttosto che in un altro , non costituisca alcun tipo di merito o di demerito, tuttavia in fondo al cuore sono lieto …che il Cielo, e la volontà dei miei mi abbiano fatto nascere veneziano, e quindi compatriota di Marcantonio Bragadin, ma anche di Carlo Goldoni, di Antonio Vivaldi e, perché no?, pure di Giacomo Casanova e di Giorgio Baffo.

Amo la mia città di un amore tenace e pudico. Ve lo rivelo -scrive ancora Fontanella – (ma lo chiudo nel vincolo del più rigoroso segreto confessionale) : mi sarebbe piaciuto lasciarmi prendere dai sogni e, in una incredibile notte di maggio, salire anch’io sul nostro Campanile per sventolare un’antica e gloriosa bandiera”.

Conobbi all’epoca Moreno Menini, il “Bocia” degli otto Serenissimi, era il figlio del Sindaco di Mezzane di Sotto che era morto, l’anno prima, sotto il trattore, si laureò in scienze politiche in carcere, conservava gelosamente le lettere di solidarietà di tante ragazze (le belle “tose”) che avevano visto la sua foto sui giornali e che sono raccolte in un volume : “Ti con nu nu con Ti”, la domenica faceva quaranta chilometri per andare alla S. Messa nel rito antico. Venne a Civitella del Tronto, l’ultimo baluardo del Regno del Sud, al Convegno annuale della Tradizione e regalò a molti di noi un gradito ricordo: un poster con il “Tanko” sul quale sventolava il Gonfalone veneto…con tanto di graditissima dedica. E quell’anno, come ogni anno, sulla Rocca, mentre la banda intonava l’inno borbonico e saliva, sul pennone, la bandiera gloriosa del Regno del Sud, garrivano al vento i Gonfaloni di Venezia, la bandiera del Granducato di Toscana, quella del Ducato di Modena, quella dello Stato della Chiesa e di tutti gli altri Stati preunitari italiani. Da allora, il “Bocia” divenne apprezzato collaboratore di “Controrivoluzione”. Scrisse Lorenzetto su “Il Giornale” : “Pucci Cipriani ha fatto il miracolo di mettere insieme, a Civitella del Tronto, il Direttore de “Il Brigante”, il neoborbonico Gino Gianmarino e l’Onorevole leghista Mario Borghezio, sotto gli occhi di due dei Serenissimi”.

Ecco, questo episodio, da solo, potrà spiegare la nostra posizione nei confronti di coloro che si battono contro questo stato accentratore e totalitario nato dalla “colonizzazione” piemontese degli altri Stati italiani, dall’unione dei medesimi stati, fatta a tavolino con la “squadra e il compasso”, dopo la conquista del Sud per cui, anni fa, un famoso giornalista, Pino Aprile, dopo attenti studi storici “non conformisti” poteva scrivere, con stupore, tra l’altro: “Come potevo immaginare che stessimo così male nell’inferno dei Borbone, che per obbligarci a entrare nel paradiso portatoci dai piemontesi ci vollero orribili rappresaglie, stragi, una dozzina di anni di combattimento, leggi speciali, stati d’assedio, lager? E che, quando riuscirono a farci smettere di preferire la morte al loro paradiso, scegliemmo piuttosto di emigrare a milioni (e non era mai successo)? (Cfr. Pino Aprile : “Terroni”- Piemme 2010 Pagg.9-10)
Fin qui la cronaca, condita di “Amarcord”.... SEGUE  a /onore-ai-serenissimi-di-pucci-cipriani/

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