QUANDO SE BARUFAVA PAR...Un filo d'oro di Manin



QUANDO SE BARUFFAVA IN FAMEGIA par un filo de manin



Un filo di Manin a testa, come si usava dire nelle famiglie veneziane quando di mezzo c’era un’eredità da dividere. Inoltre essendo stato un bene che si portava in dote, era consuetudine di ogni madre dividere “el manin” in parti eguali tra le figlie (oppure tra le nuore quando non c’erano figlie) che trasmettevano poi questa tradizione agli eredi; ecco la ragione per cui oggi è difficile trovare fili originali di una certa lunghezza.



Era una consuetudine, tipicamente veneziana e non veneta, quella di investire nel Manin in maniera trasversale da coinvolgere ogni ceto socio-economico (nobildonne, massaie, matrone, dogaresse, passando per i ceti borghesi, fino a quelli popolari). Era facile da monetizzare in caso di ristrettezze economiche, di nasconderlo e di trasportarlo nei viaggi e nel contempo sfoggiarlo in occasione delle grandi festività religiose e civili.
Veniva portato come collana girocollo o attorcigliato al polso come bracciale.


Il Manin, è una catena d'oro costituita da minuscoli anelli d’oro 22 karati, dalla sezione semicircolare cava e saldati tra loro per formare una maglia fine. Quando il lavoro era svolto da un orafo molto abile si realizzava con 1 grammo d'oro una catena lunga dai 12 ai 15cm.
Ancor oggi s’ignora il modo esatto di fabbricazione manuale, veramente dispendiosa, mantenuta gelosamente segreta nelle botteghe orafe della laguna.
La storia, mista alla leggenda, narra che i veneziani impararono a Costantinopoli, forse già nel VI° secolo, questa lavorazione detta entercosei, ma più comunemente nota dal 1700 con il nome di Manin o Manini.
Il nome "Manin" a questa particolare lavorazione venne dato in onore della famiglia Manin, di origini antichissime, che a Venezia era considerata la più ricca tra tutti i nobili veneziani iscritti nel Libro d'Oro dove veniva riportato che godevano di ottantamila ducati di reddito annuo, oltre a duecentomila ducati in contanti e lo stesso valore in gioielli. Tutto ciò proveniva principalmente dalle terre possedute, dai prestiti statali e dagli affitti in Venezia.


Il nome Manin è anche noto per essere stato l'ultimo Doge, Ludovico Manin IV°, colui che con dignità affrontò la dissoluzione della Repubblica minacciata da Napoleone Bonaparte, il 12 maggio 1797 e presiedette l'ultima seduta del Maggior Consiglio decretandone la fine, dopo più di undici secoli di indipendenza e di gloria.


Ai tempi nostri il Manin è ricercatissimo dai collezionisti e dagli antiquari di gioielli.

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