VALDOBBIADENE CITTADINI UCCISI DA SPARI 51- DA FAME 484

quello che ufficialmente 
NON CI HANNO MAI DETTO  
sulla prima guerra mondiale

"Cittadini uccisi da proiettili n. 51 – Cittadini morti per fame n. 484"
Dopo cent'anni dall'evento che sconvolse mezza Europa facendo più di 37 milioni di vittime tra militari e civili (16 milioni di morti e quasi 21 milioni tra feriti e mutilati), leggendo le cronache e i racconti di chi quella guerra la visse sotto le bombe o da sfollato, scopriamo fatti e particolari sconosciuti ai più degli italiani
Vignetta satirica di fine guerra censurata dal regime
La frenesia commemorativa a guerra conclusa, fatta di monumenti ai caduti, grandi sacrari militari, fino alla trasformazione del Vittoriano nel monumento al Milite Ignoto, prese un po' la mano al Governo per la rielaborazione anche collettiva del lutto.  Ma con l'ascesa al potere del fascismo venne attuata una vera e propria politica della memoria per creare una nuova forma di ideologia-religione, quella della patria fondata sul sacrificio eroico dei soldati.



  • L’Austria non era poi quella gran potenza militare che ci hanno descritto, giacchè ebbe bisogno dell’aiuto dei tedeschi. L'esercito austro-ungarico era un insieme di genti, talvolta mal assortite che non andavano sempre d'amore e d'accordo, provenienti dai territori dell'impero (Ungheresi, Serbi, Croati, Slovacchi, Cechi, , Bosniaci) compresi quegli "italiani" che vivevano nei territori sotto il dominio asburgico (gli attuali trentini, bolzanini-sudtirolesi, friulani, goriziani e triestini). 
  • L'Italia dichiarò guerra agli Asburgo e non viceversa. Il 24 maggio l’Italia entra in guerra nel primo grande conflitto mondiale
  • Il 25 ottobre l'Italia poteva sconfiggere l'esercito austro-germanico proprio a Caporetto, anzichè subire quello che ha subito per colpa di uno Stato Maggiore inietto ed assente, tanto che ha considerato come fantasiosi i messaggi degli esploratori sui movimenti tedeschi e non si preoccupò di verificarne la fondatezza.
  • L'enorma bufala che dietro le fanterie che andavano all’attacco c’erano i carabinieri con le mitragliatrici con l'ordine di aprire il fuoco alla schiena di chi si ritirava o non usciva dalle trincee. Tecnicamente era impossibile piazzarle senza essere colpiti dal fuoco nemico e poi i Regi Carabinieri non erano così numerosi da svolgere questo compito. Però avevano quello di Polizia militare.  Il sistema, voluto da Cadorna e largamente diffuso, fu quello delle decimazioni tra i soldati per instaurare nella truppa un regime di terrore. Non si seppe mai il numero esatto dei disertori e quanti furono passati per le armi direttamente in prima linea senza passare per il tribunale militare.
Vita di trincea
  • In ogni singolo comune occupato si era insediato un comando militare austriaco che amministrava la “giustizia di guerra”. Le infrazione alle regole stabilite dagli occupanti venivano punite con la deportazione. Famigerata fu quella dei 150 abitanti del borgo di Marsure di Aviano (PN) deportati nel campo di prigionia austriaco di Katzenau, a Linz.
  • Fin dal dicembre del 1917, il Comando Supremo dell’esercito austriaco diede ordine alle truppe dislocate in Veneto – oltre un milione di soldati – di trarre il proprio sostentamento localmente, una disposizione che si tradusse in una sistematica spogliazione delle risorse agricole dai paesi veneto-friulani, tanto che il periodo dell’occupazione fu ricordato dalla memoria popolare come “l’anno della fame”.
Panificio militare. I forni Weiss, in «L'Illustrazione italiana», 12 settembre 1915, n. 37, p. 220, Istituto per la storia e le memorie del '900 Parri E-R
Deposito di pane, in «La guerra», vol. 15, I servizi logistici, Museo Civico del Risorgimento di Bologna
  • I furti nelle campagne diventarono un fenomeno di massa che si intrecciavano con le requisizioni e gli episodi di banditismo compiuti da gruppi di militari italiani sbandati e da soldati austro-ungarici affamati. 
  • Nei maggiori centri urbani nella zona occupata, con l'avvicinarsi dell'inverno, i furti si trasformarono in saccheggi di edifici civili e di aziende abbandonate. Gli obbiettivi dei furti, compiuti prevalentemente da gruppi di donne, erano le mense e magazzini militari, ospedali, abitazioni in cui i militari convivevano con le donne.
  • Inevitabilmente cominciò a svilupparsi il mercato nero, tanto che dall’8 febbraio 1918 si poteva circolare solo se in possesso della “carta di legittimazione” e di un certificato di transito, entrambi rilasciati dal Comandante austriaco del distretto. Gli sfollati del Piave vennero a trovarsi in un regime ancora più restrittivo, rispetto quelli rimasti sotto il controllo austriaco, la carta di identità valida che avevano ricevuto valeva come permesso di soggiorno ma non permetteva alcun tipo di mobilità.
  • Cadorna ci viene descritto come il responsabile dello sfondameto di Caporetto. In realtà dagli archivi esce un'altra verità: il generale, appena due settimane prima dell’attacco, era andato ad controllare i lavori difensivi in corso sul Monte Grappa. Predisponendo una linea difensiva sull'asse Piave-Monte Grappa, voluta già nel 1916, prevedeva in pianura campi trincerati ed argini, dei numerosi corsi d'acqua, predisposti per allagare le campagne verso Venezia. 
  • La maggior responsabilità della rotta di Caporetto va addebitata a Badoglio per due motivi: 1°) non prese in considerazione le informazioni fornite da ufficiali francesi e da disertori bosniaci; 2°) non potè impartire l'ordine di sparare ai 400 cannoni che aveva a disposizione causa la distruzione dei cavi telefonici avvenuta per mano austriaca. 
  • L’unica compagnia che aveva messo a difesa della conca di Caporetto fu sterminata da un nuovo mix di gas tedeschi: i fumi dei gas urticanti/vescicanti costrinsero i soldati a togliersi le maschere antigas e quindi a morire per i gas asfissianti. Rommel che guidava le truppe tedesche passò senza sparare un colpo creando il panico nelle retrovie italiane della 2ª armata.
  • Il Presidente del Consiglio Boselli è il responsabile del dramma delle popolazioni friulane e venete che hanno subito a seguito dell’invasione austro-tedesca, considerava impraticabile lo sgombero dei civili, anzi ne dovevano rimanere all'oscuro, nonostante Cadorna suggeriva di predisporlo.
  • In alcune località del fronte la fame, assieme alle malattie ed alle epidemie, fece più morti tra i civili che tra i militari. A Valdobbiadene (TV) una lapide ricorda il tributo di sangue e si può leggere: «Cittadini uccisi da proiettili n. 51 – Cittadini morti per fame n. 484».
  • Nel 1925, secondo dati ufficiali del governo, si stimò in 651.000 i militari italiani caduti durante il conflitto, mentre le vittime civili in 589.000 circa, di cui più della metà per fame e malattie.
  • L'Italia, alla fine del conflitto, si accollò la fornitura di viveri e di medicinali ad un'Austria ridotta alla miseria. Inoltre inviò alla neonata Cecoslovacchia convogli ferroviari carichi di viveri, scortati da militari armati per l'attraversamento dei territori austriaci. Come si offrì per la formazione dei loro ufficiali e militari di truppa, necessari a costituire il nuovo esercito.
  • La guerra si trasformò in una colossale truffa per lo Stato.
    Dalla indagini sulle spese di guerra che la Commissione parlamentare d’inchiesta effettuò venne alla luce che non ci fu un settore delle commesse che non fosse stato coinvolto dalla corruzione. Fatture pagate per forniture  mai avvenute o solo in parte consegnate, fatture pagate due volte, materiali di pessima qualità e, a guerra finita, riacquisto a costi bassissimi tutto quello che non era stato nemmeno consegnato. La guerra costò in alcuni settori anche il 400% in più del dovuto, quindi si può ben comprendere quali danni subirono le casse dello Stato. Con l'arrivo di Mussolini al potere tutto venne insabbiato.
     



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