QUEL 23 AGOSTO CHE CI LACERA IL CUORE: L'ADDIO AL GONFALONE DI PERASTO

Lallich-il bacio di Perasto
Ci riferiamo naturalmente all’ammaina bandiera avvenuto a Perasto fedelissima, il 23 agosto 1797. La Dalmazia veneta, non aveva conosciuto l’occupazione francese: aveva mantenuto i suoi rappresentanti veneti al governo, come se nulla fosse successo, e quando lo stato veneto fu oggetto di un immondo baratto tra Francia ed Austria, il barone Rukovina veleggiò verso le coste oltremarine per prendere possesso a nome dell’Austria, delle varie contrade. 

Fin da subito, egli fu stupito e commosso dall’attaccamento filiale dei dalmatini verso il gonfalone marciano, tanto che essi ottennero di poter conservare gli antichi statuti, come era  con Venezia; ma non solo: egli acconsentì a rendere gli onori militari al gonfalone, con ripetute cerimonie di ammaina bandiera, davanti a folle in lacrime.  E’ rimasto celebre l’ultimo, quello di Perasto, che con i suoi dodici gonfalonieri custodiva il vessillo della flotta da guerra veneta, per la struggente orazione del Capitan Viscovich, con quella frase finale che ancora oggi fa inumidire gli occhi ai veneti (in senso lato): TI CON NU, NU CON TI, riferita  a Venezia e a San Marco. Ma fu una cosa ripetuta in ogni località importante della Dalmazia, questo bisogna ricordarlo.  Credo mai una bandiera ebbe funerali così solenni e pieni di rimpianto, tanto da gettare i germi (lo speriamo) per una futura rinascita della Patria veneta.
« In sto amaro momento, che lacera el nostro cor; in sto ultimo sfogo de amor, de fede al Veneto Serenissimo Dominio, el Gonfalon de la Serenissima Repubblica ne sia de conforto, o Cittadini, che la nostra condotta passada che quela de sti ultimi tempi, rende non solo più giusto sto atto fatal, ma virtuoso, ma doveroso per nu.Savarà da nu i nostri fioi, e la storia del zorno farà saver a tutta l’Europa, che Perasto ha degnamente sostenudo fino all’ultimo l’onor del Veneto Gonfalon, onorandolo co’ sto atto solenne e deponendolo bagnà del nostro universal amarissimo pianto. Sfoghemose, cittadini, sfoghemose pur; ma in sti nostri ultimi sentimenti coi quai sigilemo la nostra gloriosa carriera corsa sotto el Serenissimo Veneto Governo, rivolzemose verso sta Insegna che lo rappresenta e su ela sfoghemo el nostro dolor.
Per trecentosettantasette anni la nostra fede, el nostro valor l’ha sempre custodìa per tera e par mar, per tutto dove né ha ciamà i so nemici, che xe stai pur queli de la Religion.
la chiesa dove fu sepolto il gonfalone
Per trecentosettantasette anni le nostre sostanze, el nostro sangue, le nostre vite le xe stade sempre per Ti, o San Marco; e felicissimi sempre se semo reputà Ti con nu, nu con Ti; e sempre con Ti sul mar nu semo stai illustri e vittoriosi. Nissun con Ti n’ha visto scampar nissun con Ti n’ha visto vinti o spaurosi!

Se i tempi presenti, infelicissimi per imprevidenza, per dissenzion, per arbitrii illegali, per vizi offendenti la natura e el gius de le genti, no Te avesse tolto dall’Italia, per Ti in perpetuo sarave stade le nostre sostanze, el sangue, la nostra vita, e piutosto che vederTe vinto e desonorà dai Toi, el coraggio nostro, la nostra fede se avarave sepelio soto de Ti ! Ma za che altro no resta da far per Ti, el nostro cor sia l’onoratissima To tomba e el più puro e el più grande elogio, Tò elogio, le nostre lagreme. »
Dopo aver letto questo proclama, il conte Viscovich si sarebbe rivolto al piccolo bambino che aveva con sé, suo nipote Annibale:

« Inzenocite anca ti, Anibale, e tiente in la mente par tuta la vita! »
Il conte Viscovich fu, inoltre, il primo a baciare il gonfalone repubblicano e a bagnarlo delle proprie lacrime. Quando tutti i cittadini le ebbero reso omaggio, la bandiera raffigurante il leone marciano fu chiusa in una cassetta e posta sotto l’altar maggiore della chiesa cittadina.

La lingua utilizzata da Viscovich
Il celebre discorso conosciuto come “Ti co nu, nu co Ti” (Ti s nami, a mi s Tobom) fu pronunciato in “lingua illirica”, dove con tale termine si intendeva allora l’insieme degli attuali dialetti croati. Di esso sono state fatte varie traduzioni in modo da dar maggior risonanza sia all’evento che al suo sincero e sentito messaggio, affinché tale commiato non rimanesse un evento locale ma venisse trasmesso alle genti d’Europa. Ciò è riferito sia dai documenti conservati nell’archivio della chiesa parrocchiale di San Nicola di Perasto che riflesso anche nella “Storia di Perasto”, scritta da Francesco Viscovich, nipote del conte Giuseppe Viscovich, autore del discorso in oggetto.

L’opera venne pubblicata a Trieste nel 1898. Francesco Viscovich (Frane Visković), nel rimarcare per “istorica verità” quanto sopra detto, trascrive nella sua opera il testo originale e la traduzione italiana anteponendovi le seguenti parole:

« Credo necessario di pubblicarlo per esteso in omaggio ad una istorica verità, e per rammentare ancora una volta, acciocché non vada in dimenticanza un fatto che altamente onora il sentimento leale dei nostri proavi verso il legittimo Sovrano, ed illustra splendidamente la nostra storia, perché è più unico che raro l’esempio d’un popolo che tributa omaggio ad un governo caduto, e del quale non spera più ne onori, ne premi, ne ricompense. »
Fu trascritto in tre versioni: "illirica", veneta, italiana.

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