IL "BISANTE" LA MONETA CONIATA DAL BRAGADIN

La moneta si chiamava “bisante” e oggi ne parleremo un poco ricordando quegli Eroi che difesero gli stati veneti e la cristianità con i loro petti, fino all’ultimo.

Episodio storico avvenuto sotto il dogado di Alvise I MOCENIGO (1570-1577)Lo storico inglese Rupert Gunnis cosi’ racconta l’accaduto: “… 80 mila morti tra i turchi, circa 6 mila tra i veneziani … Con una linea di combattimento non piu’ lunga di due chilometri, l’assedio di Famagosta supera le famose stragi di Londonderry e di Verdun.”

Vi domandiamo Cipro che ci dovete per amore o per forza. E guardatevi dall’irritare la nostra terribile spada, perche’ vi muoveremo guerra crudelissima in ogni parte; ne’ confidate nella ricchezza del vostro tesoro, perche’ faremo in modo che esso vi sfugga di mano come torrente...”. Cosi’ senza tanti riguardi, nel febbraio del 1570 l’Ambasciatore della Sublime Porta intima al Gran Consiglio della Serenissima di cedere Cipro
.Una forte flotta ottomana si concentra a Negroponte (antica Eubea) per tagliare la strada ad eventuali aiuti veneziani verso l’isola. Venezia ordina a Cipro di resistere ad oltranza e decreta una straordinaria leva di milizie di terra e di mare nei suoi domini di terraferma; ma la Serenissima non se la sente di affrontare da sola l’impero ottomano, all’apice della sua potenza. E poi il problema di Cipro interessa tutta la Cristianita’ e la sicurezza dell’intero Occidente. La minaccia di invadere l’Europa, formulata da Maometto II subito dopo la conquista di Costantinopoli e la distruzione dell’impero bizantino, e’ ancora più attuale e drammatica di un secolo prima. Allora il gran sultano aveva addirittura dichiarato di voler mettere la mezzaluna sulla basilica di S.Pietro ed il turbante in testa al Papa!
Un esercito di 80 mila uomini, al comando del capo supremo dell’esercito imperiale, Mustafa’ Pascia’, puo’ tranquillamente sbarcare a Cipro, sulle spiagge indifese tra Limassol e Larnaca. La principale fortezza dell’isola, Nicosia, posta a difesa del capoluogo, capitola dopo due mesi di lotta, il 7 settembre 1570. Tutti i difensori superstiti sono trucidati o deportati come schiavi; in un sol giorno sono piu’ di 15 mila le vittime. Davanti ad un esempio cosi’ terribile, Kirenia, la terza fortezza di Cipro, si arrende senza sparare un sol colpo. Rimane ai veneziani solo Famagosta, posta all’estrema sponda orientale dell’isola
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Famagosta e’ difesa da settemila uomini e da 500 bocche da fuoco. Le fortificazioni, opera del celebre architetto Sammicheli, sono frutto delle piu’ avanzate concezioni belliche: la cinta rettangolare delle mura, lunga quasi quattro chilometri e rafforzata ai vertici da possenti baluardi, e’ intervallata da dieci torrioni e coronata da terrapieni larghi fino a trenta metri. Alle spalle le mura sono sovrastate da una decina di forti, detti “cavalieri”, che dominano il mare e tutta la campagna circostante, mentre all’esterno sono circondate da un profondo fossato. La principale direttrice d’attacco e’ difesa dall’imponente massiccio del forte Andruzzi, davanti al quale si protende, piu’ basso il forte del Rivellino.
turchi lasciarono sotto le mura di Famagosta ben 80 mila uomini, quanti all’inizio avevano destinato alla conquista dell’intera Cipro; i veneziani circa seimila.
Nel corso dell’assedio, Marcantonio Bragadin avendo esaurito tutte le disponibilita’ finanziarie fece battere delle monete di rame: Secondo questa testimonianza del Riccoboni, storico contemporaneo all’assedio di Famagosta, vennero quindi battute monete “con lavoro incessante giorno e notte” e di due specie diverse: del valore di 12 assi e di 4 quadranti. Si tratta di valori completamente sconosciuti nella pur ricchissima serie di monete battute dai veneziani sia per la terraferma che per i domini d’oltremare. I Bisanti – le uniche monete ossidionali di Famagosta a noi note – sono tutti dello stesso metallo (rame) e dello stesso tipo ne’ il peso, irregolare date le circostanze (da un massimo di gr 9,47 ad un minimo di gr 3), puo’ servire come metro di diversi valori. Anche perche’ le sigle impresse sulle monete sono sempre le stesse sia nei “pezzi” di maggiore che di minore peso
.I Bisanti, battuti durante l’assedio di Famagosta, tutti in rame e con la data 1570, recano al dritto l’impronta del leone di San Marco con la leggenda a spiegazione dello speciale carattere della emissione; sotto la data. Al rovescio, in quattro righe, ; sopra un amorino (che accenna alle tradizioni mitologiche dell’isola cara a Venere), che implora il cielo per vendicare la perfidia dei turchi e sotto l’indicazione del valore BISANTE e le sigle  o  (forse i segni convenzionali dell’officina monetaria o dell’incisore. Di queste monete esistono parecchie varianti per la diversa punteggiatura tra le parole della leggenda; alcune recano la parola PRESSIDIO invece di PRAESIDIO. Da notare il loro aspetto piuttosto elegante, nonostante le eccezionali condizioni che accompagnarono la loro battitura e che non permisero certo d’indulgere a raffinatezze di conio.
Soffermiamoci un attimo sulla scritta: VENETORUM FIDES INVIOLABILIS.  La Fede dei Veneti … a cosa si riferiva il Bragadin? alla Fede in Cristo, certamente. Sapevano in ogni momento, loro, al di là degli interessi strategici di Venezia, cosa difendevano su quelle mura. Oggi, in una Europa imbelle, che rinnega le proprie radici, una simile frase non sarebbe più pronunciabile. La Francia laica, figlia della Rivoluzione che ha ribaltato il mondo, sarebbe la prima ad opporsi. Figuriamoci… e così ci troviamo ormai in una situazione tragica e grottesca di una Europa attaccata dai mussulmani perché cristiana che rinnega e rifiuta la sua identità
.Altra nota riguarda quel “VENETORUM” che comprende una “famiglia allargata” dato che la truppa era composta da soldati provenienti anche da altre parti d’Italia, e la popolazione, che si batteva sugli spalti, era “grega”, ma certamente si considerava “veneta” senza rinunciare alla propria identità. Possiamo qui capire quanto fossero universali i valori del Leone marciano, e quanto ancora oggi, la storia di Venezia appartenga non solo ai Veneti, ma sia un pilastro del mondo civile

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