Fregata Grossa ” FAMA”, varata a Venezia il 31 marzo 1784.


Di "Ecce Leo" 
Fregata Grossa ” FAMA”, varata a Venezia il 31 marzo 1784.
sulla "randa" la bandiera della marina veneziana con bordo giallo/oro e leone con croce.

L’8 Giugno del 1782 , veniva impostata nell’Arsenale di Venezia la fregata grossa “Fama” destinata a diventare celebre divenendo la nave ammiraglia di Angelo Emo,che sarebbe stato nominato nominato ” Capitano straordinario delle Navi” ( più o meno quello che oggi sarebbe il Comandante in capo della squadra navale).

La costruzione della nave fu affidata a Domenico Giacomazzo della famosa famiglia di costruttori che operava in Arsenale.

La nave faceva parte di quelle costruite con il sistema ” ad ordinata doppia” che era stato adottato nel 1780 sotto l’impulso di Angelo Emo all’epoca Ammiraglio dell’Arsenale che guardava in modo lungimirante alle tecniche di costruzione dei vascelli atlantici adottate da Inghilterra e Francia. Queste erano le dimensioni dello scafo:

Lunghezza della chiglia m. 42,42

larghezza m. 12,86

Puntale di stiva (altezza tra chiglia e coperta) m. 9,73

immersione m. 6,08

era armata con 64 cannoni: 26 da 40 libbre( ponte inferiore), 26 da 30 libbre ( ponte superiore), 12 da14 libbre ( coperta)

Nave che per dimensioni e potenza di fuoco era simile ai vascelli di primo rango della classe ” Leon Trionfante” ( 70 cannoni), costruiti in 4 serie, dal 1716 al 1785, era un vero ” incrociatore da battaglia” dell’epoca, con caratteristiche di elevata velocità, contro il quale, in uno scontro, anche un vascello di primo rango avrebbe incontrato serie difficoltà.

Fece parte, come nave ammiraglia , della flotta che, comandata da Angelo Emo salpò dal porto di Malamocco il 21 giugno 1784 contro i pirati Barbareschi.

Per l’occasione venne messa insieme l’ultima flotta di una certa consistenza nella storia della Repubblica Veneta, composta da cinque vascelli di linea e cinque fregate, e una serie di bombarde trasportate su zatteroni assemblabili progettata dallo stesso Emo, in precedenza direttore dell’arsenale della Repubblica.

Dopo aver guidato la flotta ed aver sconfitto facilmente in mare i nemici, dotati solo di galere ed altre imbarcazioni leggere con scarso pescaggio, l’Emo, quando essi si rifugiarono nei loro porti protetti da bassi fondali, ebbe l’accorta idea di bombardare i porti (Sfax, Tunisi, Biserta, per citarne solo alcuni) tramite l’utilizzo degli zatteroni sopra citati, che riuscirono a passare dove alle navi maggiori sarebbe stato impossibile arrivando vicino all’imbocco dei porti (1785-1786); secondo alcuni testimoni dell’epoca, la città di Biserta venne pressoché distrutta.

La Serenissima in una occasione analoga promosse una successiva spedizione sempre sotto il comando di Emo, di forza inferiore, che però, nonostante i gravi danni provocati alle città barbaresche, non indusse gli avversari alla resa; Emo non rimase al comando fino alla fine della spedizione, ma rientrò a Venezia cedendo il comando al suo luogotenente, Tommaso Condulmer.

Angelo Emo morì a soli 61 anni, si dice di infarto, il 3 marzo del 1792, a Malta, a bordo della “sua” nave ammiraglia che riportò le sue spoglie in patria.

La nave quindi andò al raddobbo e terminati i lavori salpò per Corfù ( base avanzata della flotta) dove rimase fino al 1794.

In quell’anno morì il primo comandante e la nave, dopo alcuni lavori in arsenale su affidata al comando del Capitano Zuane Millich.

Alla caduta della Repubblica sotto l’assalto di Napoleone, nel 1797, la nave fu predata dai francesi e rinominata “Dubois” quindi portata a Tolone nel 1798.

Nel grande arsenale venne riarmata con cannoni francesi di calibro analogo nelle batterie ma con cannoni di calibro minore in coperta. Nello stesso anno venne incorporata nella flotta della spedizione di Napoleone in Egitto.

Il 2 Luglio entrò in collisione, nel porto di Alessandria con la nave ammiraglia francese ( l’Orient) rimanendo seriamente danneggiata. Non partì quindi verso Abu-Kir ma rimase nel porto di Alessandria e fu utilizzata come quartier generale dal Generale Klèber fino al marzo del 1800.

Non essendo più riparabile con i mezzi in dotazione del corpo di spedizione francese, rimasto ormai isolato in Egitto ( Napoleone era rientrato in Francia dove si complottava contro di lui) la nave venne disarmata e fu autoaffondata all’ingresso del porto per ostacolare eventuali tentativi di sbarco della flotta anglo-turca.

Bibbliografia:
Guido Ercole – Vascelli e fregate della Serenissima

Nel dipinto ad olio di Sandro FERUGLIO , tela cm 60X80, la fregata FAMA in navigazione.
N. di catalogo 272 op. 157
Il dipinto è stato venduto a privati.

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