L'ORIGINE DEI CIMBRI DUBBI MODERNI CONTRO CERTEZZE RISORGIMENTALI

Riporto un interessante post, pescato nel sito Veja.it, a proposito dell'origine dei fratelli Cimbri di Asiago e del veronese. Il lettore naturalmente si farà la sua idea personale, ma io resto propenso alla migrazione avvenuta nel  Medio Evo, per i Cimbri di Asiago, pur non essendo un "risorgimentalista". Per il veronese, sono più possibilista date le evidenze mostrate dal Cipolla.

Alfred Sternberg

Carlo Cipolla è lo storico dei cimbri per antonomasia, soprattutto quelli veronesi. Lo troviamo citato da quasi tutti gli autori successivi. Il suo primo volume al riguardo “Le popolazioni dei 13 comuni veronesi” cambierà radicalmente tutte le teorie circa l’origine dei cimbri. Sarà il Cipolla infatti, a dichiarare che l’origine delle isole linguistiche di ceppo germanico presenti nel veneto, derivano dall’insediamento di coloni tedeschi avvenuto tra il X e il XII secolo debellando qualsiasi altra ipotesi.
Per questo motivo possiamo considerare il 1882, anno di stampa del primo volume, storiograficamente come l’anno zero per i cimbri, prima di questa data sarà “a.c.” poi “d.c.” intendendo c. come Cipolla naturalmente. Questo proprio perché pochissimi autori proveranno, successivamente, a contestare la sua tesi. Eppure, a ben vedere, non possiamo considerare così scontato quanto asserito dal Cipolla, proviamo ad approfondire insieme.
Carlo Cipolla nacque il 26 sett. 1854 a Verona da una famiglia nobile, frequentò l’università di Padova , nel 1881 pubblicò la sua opera più importante “Storia delle Signorie italiane dal 1313 al 1530″ grazie al quale vinse l’anno successivo, la cattedra universitaria di Storia Moderna, aveva 28 anni.

Pubblicò un numero incredibile di scritti, se guardiamo l’elenco O.P.A.C. ne troviamo 370 circa, 427 secondo Giuseppe Biadego, e a questi si devono aggiungere oltre 150 recensioni, uno al mese, nei suoi 40 anni di vita attiva, per avere un’idea più concisa. Ricevette due critiche da Benedetto Croce, un eccessivo moralismo cattolico e, ciò a cui intendiamo porre maggior attenzione, l’assenza di un “vivo e intimo interesse“. Se osserviamo bene infatti, quasi tutte le sue opere si presentarono sostanzialmente come un’esposizione di documenti storici intervallate da più o meno concise dissertazioni dell’autore.

Di certo ha avuto un grande aiuto dal fratello Francesco, si dice inoltre che, per la catalogazione e recupero dei documenti storici, abbia attinto a piene mani dal lavoro effettuato per suo conto dagli studenti universitari, nulla di male, ma questo potrebbe aiutarci a capire come sia riuscito a scrivere così tanto.

Torniamo ai suoi scritti cimbri. Sono 4 in tutto, il primo, di cui abbiamo parlato sopra, è il più importante, sembra più un “Codice Diplomatico Cimbro” che una monografia, dobbiamo però essergli grati per la grande raccolta di documenti integralmente riportati (i testi in latino non sono tradotti).

Il Cipolla si soffermò in particolare sulla famosa concessione fatta il 5 febbraio 1287 dal Vescovo Bartolomeo della Scala ai due Oldericiteutonici, il primo da Altissimo il secondo dell’episcopato vicentino i quali si impegnarono a lavorare e a popolare la zona.


Secondo il Cipolla, prima di questa data l’area dei XIII comuni veronesi era praticamente disabitata e le uniche persone presenti erano pochi boscaioli e pastori della pianura, che andavano per lavori stagionali.
Questa tesi è stata fatta propria da quasi tutti gli studiosi, chi ha provato ad avanzare altre ipotesi è stato considerato con sufficienza.

Guardiamo però da un altro punto di vista il suo pensiero. Il Cipolla, che deve essere stato “ben introdotto” nel nuovo regio ordinamento italiano, ricevette, all’età di 27 anni, l’incarico dall’Amministrazione di ordinare tutti i fondi conservati presso l’Archivio di Stato di Verona, ed è proprio da qui che attinse la documentazione prodotta.


Ci dice che non esistono documenti, prima della venuta dei coloni tedeschi, comprovanti l’esistenza di realtà abitative nell’area cimbra, ma sapeva benissimo, visto che lui fu incaricato al riordino, che l’antico archivio del Comune di Verona e quello della Signoria Scaligera andarono distrutti e che pertanto i fondi pertinenti agli antichi archivi veronesi ebbero inizio solo dal 1405 con la dominazione veneta.

Per quanto riguarda poi i rarissimi documenti che potrebbero divergere con la sua tesi, vennero esclusi quali “equivoci” vedi il documento del sec. VIII che parlava dei “teutischi delle montagne veronesi” riportato da Agostino Dal Pozzo e più ancora la “Istoria veridica e descrizione della veneranda Chiesa parrocchiale di San Giorgio di Campofontana” che trattavano di un legato effettuato nell’anno 804.


Se consideriamo che sono trascorsero appena 20 anni dall’Unità d’Italia e che le tesi pangermanistiche circa la presenza tedesca nel versante meridionale delle alpi rischiarono di alimentare pericolosi irredentismi, giustificare la presenza di idiomi tedeschi in territorio italiano, come pochi gruppi di coloni emigrati è preferibile che accettare la presenza sul territorio di avanzi di popolazioni longobarde o, peggio ancora cimbre, nel tal caso mal giustificherebbero la “liberazione” degli italiani oppressi.

La stessa tesi del Cipolla fece successivamente comodo anche agli storici germanici, così che anch’essi poterono focalizzarsi sulla presenza dei coloni tedeschi e “dimenticare” ladini, longobardi, goti, cimbri, reti, ecc. tutta gente “mai esistita” o tuttalpiù assorbita nei nuclei italiano e tedesco.
Il secondo libro sui cimbri scritto dal Cipolla “di alcune recentissime opinioni intorno alla storia dei 13 comuni veronesi” 1887, rappresentò invece un affondo critico al saggio di Arturo Galanti che prospettava altre ipotesi circa l’origine. Per questo libro ricevette un premio dall’Accademia dei Lincei e che l’autore spese (per inciso i 2 libri del Cipolla sono stati pubblicati a cura e spese dalla Regia Deputazione Veneta di Storia Patria).
abitazione di Luserna, ricostruzione
Dopo questi 2 libri, il Cipolla tornò sull’argomento dei cimbri, solo nel 1898 con “l‘origine della parrocchia della Giazza” e nel 1902 con “Toponomastica dell’ultimo residuo della colonia alto-tedesca nel veronese“, forse poco per uno che ebbe al proprio attivo oltre 600 scritti, infatti questo autore non è assolutamente ricordato, nella bibliografia ufficiale, per questo tipo di studi, mentre è fondamentale per chiunque voglia usufruire della più vasta raccolta di documenti cimbri mai pubblicata.

Fonte: da facebook Magica Lessinia. 8 maggio 2017

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