DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA E STATO VENETO

Sembra incredibile, ma già all'epoca antica i nostri saggi governanti si eran posti il problema della diffamazione a mezzo stampa. 

"Già nel primo Cinquecento (in pratica, appena sorta l'industria tipografica) la Repubblica si preoccupava di tutelare l'onorabilità dei cittadini dagli abusi cui poteva dar luogo la diffusione di alcuni scritti a stampa: si intuiva quanto fosse difficile difendersi dal circolare incontrollato di notizie false sul suo conto. 

La Parte (Legge) del Consiglio dei Dieci del 1540 persegue, dunque chi scriva libelli, et Polizze (scritti a stampa) fatti per li Maligni, in dishonor per diverse persone, ma anche coloro che, essendone a conoscenza, non ne facciano denuncia, oppure chi li venda, li mostri a terzi, ne dia diffusione, con pene relative, bando dal Dogado, anni di prigione ai trasgressori del Bando (allontanamento coatto)."

Questo scrive Edoardo Rubini, nel suo libro Giustizia Veneta ed. Filippi. Aggiungo un altro particolare, che mostra il sano pragmatismo delle leggi venete: molto spesso era stabilito un premio, per chi denunciasse un reato, fosse una ruberia di cassa pubblica o altro crimine. Ebbene il premio, se si poteva, veniva pagato col sequestro e la vendita dei beni del corrotto o delinquente salvaguardando così anche il bilancio dello stato.

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