NEGOZI APERTI LA DOMENICA? LA SORPRENDENTE ANTICHITA' DEL DIBATTITO

Più mi addentro nel "mare magnum" della storia della Repubblica di San Marco, più mi stupisco della attualità di certe sue leggi. Il fatto che i nostri giovani siano privati della possibilità di essere informati, di capire come i nostri antenati regolavano la loro società, si rivela sempre più una lacuna gravissima nella loro formazione di cittadini, specie in quanto eredi di una grande Civiltà che fu un faro nell'Europa. il nostro fu indubbiamente uno stato "etico", in quanto cristiano, dove le norme dovevano rispettare lo spirito dei vangeli, e non uno stato dei "diritti" scritti da uomini a seconda dell'ideologia del momento. 
Se si mette in soffitta la radice cristiana della nostra società ecco nascere l'idolatria delle ideologie, che mettono l'uomo al posto di Dio, e lo stato "etico" di un tempo diventa un Moloch a cui si sacrifica l'Uomo, in nome del fascismo, del socialismo, del consumismo. 
Questo ho pensato, leggendo sul regolamento dell'apertura delle attività nei giorni festivi: voi mi direte forse "Cosa c'entra?" c'entra, c'entra...

"Tra le norme più ricorrenti nei Capitolari (regolamenti delle Arti e Mestieri), troviamo l'obbligo del riposo festivo (domeniche festività solenni) con possibili eccezioni nei casi in cui dette festività cadessero di venerdì o di sabato.
In questa materia l'autorità doveva tener conto degli interessi talvolta contrastanti di artigiani-produttori e cittadini-consumatori. Se questi ultimi chiedevano botteghe più aperte e abbondantemente rifornite, i primi perseguivano l'obiettivo del controllo dell'offerta per adeguarlo alla domanda e limitare così la concorrenza.
Il divieto del lavoro festivo, accanto ad altre misure, quali la fissazione di quote massime di produzione, andava in questa direzione, con il vantaggio non esclusivamente corporativo di contribuire all'equilibrio del mercato.
La concezione artigianale del tempo di lavoro portava peraltro, al di là del formale rispetto delle disposizioni statuarie, a una fattuale mancanza di regolarità nell'esercizio del mestiere. Via via che si svilupperanno forme moderne di manifatture, tali irregolarità tenderanno a scomparire.
A fine Settecento, in un mondo profondamente mutato, si dirà che le Feste vanno osservate "senza scomodo e danno per i cittadini" prevedendo l'apertura festiva delle botteghe di pistori (FORNAI), spezieri da medicinali (Farmacisti), biavaroli (cavalli e asini mangiavano tutti i giorni) ed altri esercizi pubblici essenziali.
Ma la disciplina dei tempi di lavoro si affermerà pienamente con con l'avvento della moderna industrializzazione. Fino ad allora sopravviveranno consuetudini antiche, come quella illustrata da una vecchia canzonetta veneta:
luni no se lavora / marti se taja fora / mercore se speta l'ora / xioba xe neza festa / venere xe de magra / sabo se se lava la testa / e domenega no se lavora / parché xe festa."

cit da Massimo Costantini, le Corporazioni di Mestiere

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