LE ALTERNE VICENDE DOPO LA GUERRA DI CAMBRAI. VENEZIA RITORNA PER RESTARE

APPARIZIONE dei santi Faustino e Giovita in difesa di Brescia
Di Gualtiero Scapini Flangini (da Lombardia Veneta(
Il Duomo Vecchio e il pittore Floriano Ferramola
Un episodio avvenuto durante il sacco di Brescia riguarda il pittore Floriano Ferramola. Mentre stava dipingendo gli affreschi della corte di Palazzo Borgondio in città, alcuni soldati francesi penetrati nel palazzo per saccheggiarlo, imposero al pittore, assiso sull’impalcatura, di scendere e di consegnare denaro e preziosi. Il Ferramola non si scompose e rispose “che se l’intendessero con la moglie”. Alle insolenti repliche dei francesi rispose che “facessero quanto volessero, che gli sarebbe bastato il pennello”. Irritatissimi, i soldati salirono e lo trascinarono giù per ammazzarlo, ma furono fermati da alcuni ufficiali sopraggiunti che lo liberarono e lo condussero al cospetto di Gaston de Foix. Questi volle che il Ferramola gli facesse un ritratto, ricompensandolo con 200 scudi. 
Gaston de Foix il sanguinario francese
Gaston de Foix continuò nelle sue bellicose imprese fino ad aprile, quando, nonostante le ripetute vittorie contro gli spagnoli e i pontifici, dopo la vittoriosa battaglia di Ravenna, la Francia fu costretta a ripiegare per le gravissime perdite subite e per la discesa di ben 20000 svizzeri alleati dei veneziani. Tra gli altri, sotto le mura di Ravenna morì anche lo stesso comandante, Gaston de Foix. L’esercito del Re di Francia si ritirò a difesa di Milano, mollando Bologna e Ravenna. 
Dopo tanta guerra, l’esercito del Papa e gli Spagnoli entrarono in Toscana e reinsediarono i Medici. Il 18 settembre 1512 la guarnigione francese di Brescia si arrese al Viceré di Napoli e ai Veneziani. Legnago capitolò arrendendosi agli Imperiali, Crema si arrese ai Veneziani, Novara allo Sforza. Il 29 settembre lo stesso Sforza entrò in Milano. Alla fine dell’anno una dieta a Roma cercò di appianare il dissidio tra Venezia e l’Imperatore che rifiutava di restituire, secondo gli accordi, le città venete che aveva conquistato, senza un compenso adeguato. 
La guerra riprese nel 1513 con un nuovo ribaltone che vide Francia e Venezia alleate. Giulio II era morto il 21 febbraio e gli era succeduto Giovanni de’ Medici, col nome di papa Leone X, che volle immediatamente svincolarsi dalla guerra. Venezia ne approfittò per rovesciare nuovamente le alleanze e si unì alla Francia, per liberare i suoi territori dagli imperiali ed entrò in guerra contro la Lega Santa. Ripresero i combattimenti e le scorrerie. Francesi, Svizzeri, Imperiali, Spagnoli, Inglesi, Veneziani, si scontrarono in tutta Europa combattendo duramente con alterna fortuna per tre anni. 
La morte di Luigi XII portò sul trono di Francia Francesco I il quale scese immediatamente in Italia per reclamare i propri diritti di Duca di Milano. Sconfisse a Villafranca i milanesi, si unì ai Veneziani e il 13 settembre 1515 le forze congiunte franco-venete sconfissero a Marignano l’esercito svizzero-imperiale, ottenendo così la vittoria finale sulla lega Santa. Francesco I si prese tutto il ducato di Milano e Venezia rientrò in possesso dei suoi territori. 
il castello di Brescia
Il 13 agosto del 1516 col trattato di Noyon e Bruxelles fu posta la parola “fine” alla lunga guerra. L’Italia ritornò allo stato precedente il conflitto e Venezia riebbe i propri confini quasi invariati, mantenendo il possesso dei territori di Brescia, Bergamo e Crema. Nei due decenni successivi Brescia e la Lombardia Veneta sono nell'occhio del ciclone, come si usa dire. Le complicate vicende politiche del tempo vedono l’alternarsi continuo delle alleanze della Repubblica, interessata soprattutto all’indipendenza di Milano. Milano è per la Serenissima il perno dal quale dipende l’integrità dei suoi domini di terraferma, e per questo la Signoria non esita a ricorrere a ogni mezzo. 

Si batte per contenere gli Spagnoli alleati agli Imperiali, che hanno occupato Milano, si allea con l’infido Francesco I di Francia per contenere la potenza di Carlo V. Nel 1522, dopo la sconfitta dei Francesi e il ritorno di Lodovico il Moro a Milano sotto l’egida imperiale, Venezia non si fa scrupolo di venire a patti con l’Imperatore e paga profumatamente la sua rinuncia all’alta sovranità, se pur nominale, sul dominio di terra. Tutto, pur di tenerlo lontano dai territori di San Marco.
il castello visto di notte
 Dopo la rovinosa disfatta di Francesco I a Pavia, a Venezia fu tempo di gran cordoglio. I domini di terra erano nuovamente in pericolo e le sue città lombarde in prima fila. Ora era doge proprio Andrea Gritti, che si assumeva il gravoso compito di impedire “l’eccesso di forza di una sola potenza straniera in Italia” (F. Chabod). A quanto pare, vi riuscì così bene che nel 1529, dopo il sacco di Roma, al convegno di Bologna con papa Clemente VII, l’Imperatore accettava di restituire Milano allo Sforza, facendo cadere così la tensione sul confine occidentale del dominio veneto. 

Questo avvenne perché, per diretta ammissione dello stesso Carlo V, se non avesse ceduto, non avrebbe potuto aver pace con i Veneziani e sarebbe stata una guerra inestinguibile in Italia, e lui non ne aveva più i mezzi. Con la pace, Venezia rinunciava al dominio in Puglia, la guardia alla porta del Golfo, di fronte c’è Corfù. Nulla era più importante dell’impedire che Milano andasse in mano agli “Oltramontani” con la conseguente minaccia dei territori bergamaschi, bresciano e cremasco, sempre ambiti dagli imperiali. 
Dal 1535 il poi lo scopo della politica veneziana rimarrà sempre lo stesso: contrastare l’egemonia spagnola che premeva sui confini terrestri e sul mare. Da questa data Venezia iniziava a disimpegnarsi nel conflitto tra i due grandi rivali europei e si concentrava sui propri interessi, nel dominio da mar, dove la minaccia ottomana si faceva sempre più pressante, e in quello di terra, con particolare cura verso le città del confine occidentale, che producevano molta parte della sua ricchezza.
Venezia decise di dotare Brescia di maggiori difese, più efficaci e al passo con i tempi. Fu deciso di ricostruire le mura difensive che vennero strategicamente estese e potenziate, si operò al contempo una spianata di tutti gli edifici vicini alle mura per agevolare il controllo del territorio e si eseguì la separazione del colle Cidneo dai Ronchi, ma negli anni susseguenti Brescia non venne più impegnata in guerre che la videro protagonista.

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