EL LEON CHE MAGNE EL BOSC, LA LEGGENDA NERA SU VENEZIA NEL BELLUNESE

palazzo dei Rettori a Belluno
Ancora mi capita di sentir dire (e l'amico Giorgio Levorato - residente a Belluno -  me lo segnala) di sentire enormi corbellerie su Venezia e il suo governo. Le più grosse sono due: "La prima:Venezia ci rubava la legna per far le navi, la seconda, Venezia ci ha demolito i nostri bei castelli".
Iniziamo dalla prima: Venezia qualche bosco lo ha vincolato per uso statale, come ad esempio il meraviglioso bosco del Cansiglio, che così è arrivato intatto fino all'epoca nostra, per ricavare dalle preziose querce e dagli abeti quanto serviva alla flotta militare e mercantile. Ma è tramite la sua potenza marittima se anche i bellunesi potevano esportare i loro prodotti nei mercati mondiali del tempo.
porta Doiona, Bl Venezia abbellì notevolmente i centri storici locali
Faccio un esempio tra i tanti, fornitomi dalla lettura di un saggio di un vecchio amico bellunese (non tutti i bellunesi ignorano la propria storia). E' Gianrodolfo Rotasso, studioso di fama nazionale, che dedicò molto del suo tempo alla studio delle famose schiavone, le spade in dotazione agli Oltremarini. Contrariamente a quanto trovate scritto anche nel museo di Perasto, esse furono prodotte in questa zona. I più celebri "spadari" erano di qua per via delle miniere di ferro e dell 'acqua dei torrenti che azionava i magli delle fucine.

Ebbene, a fine Seicento, questi spadai fecero un contratto con il Regno di Scozia, per esportare nell'arco di dieci anni, 40mila lame. E come arrivarono a destinazione queste spade? grazie alla flotta veneziana.
Accanto alle lame, Belluno vendeva a Venezia anche i chiodi e le serrature, e poi ancora la pece  per "rintoppar le navi" nell'Arsenal. Questa era ricavata dai "pez" abeti, chiamati così nel dialetto locale perché con la loro resina si fabbricava quel prodotto.Se non vogliamo buttarla sul patriottico, era comunque un rapporto molto proficuo per entrambi i soggetti, montanari e veneziani.
Feltre, Venezia ricostruì la città distrutta da Massimiliano d'Austria nella guerra di Cambrai
Venezia curò le potenzialità del tessile in pianura - creando dei veri e propri distretti industriali - da millenni specialità veneta (carovane di carri carichi di stoffe partivano alla volta di Roma repubblicana ed imperiale). Fabbriche vere e proprie (Padova esportava in Medio Oriente) si trovavano a Vicenza, Padova, Verona e consumavano tutta la lana prodotta nella montagna, compreso il bellunese.
LA DEMOLITRICE DI CASTELLI
L'altro punto è la riprova di quanto poco abbiano letto al riguardo, i  miei concittadini: Venezia demolì i castelli,  e facendo questo demolì il potere dei feudatari locali in favore delle autonomie locali e della democrazia antica diretta delle popolazioni delle valli, come accadde del resto anche in tutte le città dell'entroterra. Essa divenne, col suo "Lion" sinonimo di libertà cosa universalmente riconosciuta: persino Manzoni fa dire a Renzo in fuga verso lo stato veneto, alla vista della sponda veneziana dell'Adda: "Terra di San Marco. Terra di Libertà!".
Furono rispettate le leggi locali, le famose "regole" che le genti del posto si eran date da tempo immemorabile, nel Cadore come in altri posti. Quando arrivò a Feltre, ad esempio, Venezia volle che il consiglio che affiancava il Rettore veneziano nel governo della cittadina, composto da sette od otto possidenti e feudatari locali, a ben quaranta membri, in modo che ogni categoria sociale avesse il suo rappresentante. Cosa che del resto accadrà anche in Friuli, dove nel parlamento di Udine, anche il "terzo stato" ebbe finalmente una voce.
le mura possenti di Feltre
Ma purtroppo da quel terribile 1797, in cui tanti popolani (anche montanari) diedero la vita a difesa di San Marco, è caduta una coltre impenetrabile, speciead opera di una Nazione che non esiste e pare abbia il terrore che i popoli uniti a forza, riscoprano la propria identità. E per controllare il presente, si manipola il passato.
VENETI SVEJEMOSSE, DEMOSSE NA MOSSA, MAGARI INSIEME A FURLANI E LOMBARDO VENETI.
La nostra storia negata è la chiave di tutto. La sua ignoranza e negazione permette il "divide et impera" dello Stato centrale e i conseguente ladrocinio a nostro danno.



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