CELEBRAZIONI RELIGIOSE E RICORRENZE LAICHE DEL NOSTRO STATO VENETO

Come leggerete, dal sunto del bell'articolo, erano un misto di religiosità (direi che questa prevaleva) ed esaltazione dell'apparato statale, rappresentato dal Doge.

 Michela Dal Borgo - Archivio di Stato di Venezia

Parlare delle grandi feste veneziane rappresenta un modo diverso di ripercorrere non solo gli eventi salienti della millenaria storia della Serenissima Repubblica di San Marco, ma pure di penetrare, nell’intimo, il manifestarsi della religiosità che permeava la totalità della popolazione, dal Doge - princeps ma pure primus inter pares - sino all’ultimo degli artigiani, con un nutrito contorno di donne e fanciulli.
Nello splendido scenario di Piazza San Marco, cuore del potere politico, Venezia allestiva queste coreografiche celebrazioni in cui l’aspetto laico, il culto del mito della città, si intrecciava strettamente ed indissolubilmente con le componenti religiose, nell’esaltazione del suo buon governo, dell’armonia tra le classi sociali, nell’incrollabile certezza della divina protezione.
C’era sempre una buona occasione per istituire una festività nazionale e “Venezia ebbe in assoluto - più che qualsivoglia stato europeo - il maggior numero di processioni e di cortei” (L. Urban), vuoi per terra, per acqua o a percorso misto.
In soccorso agli storici per la loro ricostruzione vengono molte antiche cronache, come quella di Martino da Canal, e i sempre preziosissimi “Diari” del penetrante Marin Sanudo, a cui associare la Venetia città nobilissima et singolare di Francesco Sansovino, ma pure i documenti ufficiali della Repubblica, oggi conservati nel nostro archivio dei Frari, in particolare nella serie dei “Cerimoniali”, sei registri in pergamena di grande formato, dal XVI secolo al 1729, ove la Serenissima riportava, con la precisione ed il rigore che le erano consueti, la descrizione delle varie cerimonie, secondo rituali ben precisi, tramandati attraverso i secoli.
Non sia inutile ricordare che la codificazione di queste cerimonie era oggetto di grande attenzione da parte del potere ed a sovrintendervi era preposto addirittura uno dei Savi di Terraferma, coadiuvato da un apposito “maestro cerimoniere”, uno dei cittadini dipendenti di Palazzo Ducale, e da un nutrito gruppo di canonici della Basilica Marciana, ognuno con compiti e funzioni ben distinte.
Un’ulteriore precisa fonte, soprattutto per la ricostruzione delle fogge delle vesti indossate dai singoli partecipanti e delle insegne, simbolo del potere dello Stato, sono i quadri e le incisioni che le hanno riprodotte e tramandate.
A grandi linee possiamo così ripercorrerle. Tra le grandi ricorrenze annuali, in primis quelle più antiche, legate ai ludi religiosi in onore della Beata Vergine - che, secondo Martino da Canal (1267) iniziavano il 30 gennaio e si concludevano il 2 febbraio, giorno della purificazione della Vergine - ed in particolare la festa delle Marie, testimoniata sin dal 1039 e che attirava nelle lagune ospiti illustri da tutta Europa, tra cui anche Giovanni Boccaccio che la ricordò in un suo scritto.
Il 31 gennaio veniva ricordata la translatio del corpo del Santo da Alessandria, ad opera di Buono tribuno di Malamocco e Rustico da Torcello, grazie alla leggendaria astuzia di ricoprirla con carne di maiale per eludere la dogana mussulmana. E proprio il 31 gennaio dell’ 828 le reliquie approdarono al porto di Olivolo (Castello), festosamente accolte dal doge Giustiniano Partecipazio, dal vescovo, dal patriziato e dal popolo, per essere successivamente collocate nella chiesa a lui dedicata.
Il 24 e 25 aprile si onorava invece il dies natalis di San Marco, ovvero la ricorrenza del suo martirio, la più solenne delle feste della Serenissima Repubblica. Una messa solenne era celebrata in San Marco, cui faceva seguito una solenne processione a cui partecipavano i rappresentanti delle Scuole Grandi e delle corporazioni di mestiere. A Palazzo Ducale poi il Doge offriva ai patrizi veneziani più autorevoli e agli ambasciatori stranieri un suntuoso banchetto, al quale non poteva mancare il tradizionale risi e bisi (risi e piselli). Legata al 25 aprile è anche la romantica e tradizionale offerta del bòcolo alla donna amata (San Marco del bòcolo).
Il 25 giugno si celebrava invece il ritrovamento (inventio o apparitio) avvenuto nel 1094, del corpo del Santo di cui si era persa memoria dell’esatto luogo di sepoltura all’interno della Basilica. La tradizione racconta che, durante una messa del Patriarca di Grado, da una colonna si stacco una pietra e “allora i Veneziani videro le preziose spoglie dell’evangelista”, come tramanda Martino Da Canal, mentre nella basilica si spandeva un meraviglioso profumo.
Il giorno dell’Ascensione si celebrava - e si festeggia ancor oggi - il simbolico matrimonio tra il Doge e il mar Adriatico, chiamato negli antichi documenti “Golfo di Venezia”. (Ea Sensa)
La cerimonia aveva origine e tradizione bizantina, ma ricordava pure la vittoriosa impresa in Dalmazia del Doge Pietro Orseolo II, salpato da Venezia proprio in giorno dell’Ascensione dell’anno 1000. Il privilegio ufficiale fu comunque concesso da Papa Alessandro III all’allora Doge Sebastiano Ziani per l’ appoggio di Venezia nella vertenza tra papato ed impero, conclusasi con la Pace di Venezia del 1177. Il corteo dogale, uscito dal Palazzo, si imbarcava sul Bucintoro, dirigendosi verso il porto di San Nicolò di Lido ove era raggiunto dal Patriarca. 
Dopo la benedizione ufficiale, il Doge, dalla poppa del Bucintoro, gettava tra le onde un anello d’oro, pronunciando la formula rituale: In signum veri perpetuique dominii. Dopo una breve cerimonia alla Chiesa e convento di San Nicolò - Nicolò, patrono dei naviganti, è anch’esso uno dei protettori della Serenissima – si riprendeva la via del ritorno. Dopo aver visitato il mercato allestito nella Piazza, a cui partecipavano le corporazioni di mestiere con l’esposizione dei prodotti più tipici e rappresentativi dell’economia della Dominante, il Doge rientrava a Palazzo ove offriva ben due ricchi banchetti, uno per i patrizi e gli ambasciatori stranieri, uno riservato ad ammiragli, proti e capomastri dell’Arsenale.

Commenti