LA FONDAZIONE DI VENEZIA NELLA CRONACA ALTINATE

del prof. Paolo Borsetto

Regnando Arcadio, et Honorio Imperatori avendo già diviso l’Imperio di Theodosio suo Padre, il che fù l’anno di N.S. 406. Stilicone vandalo già lasciato Capitanio, e Governator del Occidente da Theodosio Imperatore vinto da cupidigia di regnare fu cagione che Radagasso Re de Goti entrassero con gli Ipogotti in Italia (quali erano Goti vagabondi) e con Gopidi, con esercito tale, che tra vandali et Unni erano al numero di duecentomila: e dunque passavano il tutto a ferro e fuoco mettevano.

 Entrati dunque nelle contrade di Venezia, vicino Padova, et misero gli habitatori in spavento: sì che alle lagune del Mare Adriatico se ne fuggirono, senza fermarvi habitationi, fintanto che la furia di quei Barbari cessaro, sperando poi tosto di rimpatriare.
Morto Radagasso da Stilicone, li nuovi habitatori di Padova ristorarono al meglio che si potè le rovine loro. Succedendo poi Alarico Re de Visigoti per causa Stilicone, (che l’Imperio voleva usurparsi) di nuovo per le straggi grandi, che fu fatto a’ Barbari occasione per rovinare le mure di Padova ancora fresche, et insieme gran parte de l’Italia.
Nel anno 413, all’hora concorrendo i popoli Heneti alle lagune, che fù la seconda volta a Riva Alta se ne andarono (luogo così chiamato per essere più eminente) nelle lagune dove ritrovando una casa, già da Antinopo navacellaio fabricà di muro dopo l’essere fuggito dalla furia di Radagasso insieme cò molti altri: ma quegli altri nò volendo quivi far dimora partissi.
Hora dico i popoli Heneti appresso questa casa fabbricarono di legname e di canne 24 casucce, non essendo d’animo di fermarvisi. Indi appicatosi il fuoco in casa di Antinopo, arsero quelle 24 casette, e questo fu nel 418, l’anno terzo della fabricatione loro. Antinopo per questo incendio votossi che estinguendosi il fuoco volea fabricar una Chiesa subito. (O’ cosa miracolosa) venne dal Cielo un pioggia sì grande che la fiamma amorzò.
Poi l’anno 421, fu dal sopradetto Antinopo nel principio di Marzo fabbricata la Chiesa di San Giacomo di Rialto, con l’aiuto d’ Heneti, la quale fu la prima Chiesa che in Venetia fosse edificata. L’anno 421. Li Heneti (morto Alarico e ridottosi insieme, doppo l’essersi abbruciato le loro 24 casette) udendo i nuovi tumulti, che succedevano per l’Italia di Ataulfo Re de Visigoti il quale successe doppo Alarico, et similmente nella Francia, Spagna e Lamagna, quelli di altri barbari, senza aspettare l’ultima rovina de l’Italia, che poi seguì l’anno 453. Da Attila, doppo la distruzione d’Aquileia si risolsero di fabricare nelle lagune Adriatiche verso la foce del fiume Brenta, un luogo fermo, e sicuro che era in Riva Alta.
Dove fatto, insieme un supremo Consiglio, determinarono una elettione de primi, tra loro, i quali havessero carico di edificare una Città di Porto, la quale servisse per refugio delle genti sparse per l’isole vicine, et in luogo di molte et deboli terre una Città sicura, e sola tenesse, nella quale per guardia del predetto Porto (in occasione di guerra) dovesse un’armata tenere. L’anno 421, il giorno 16 di Marzo, fu da i Consoli sopra ciò creati, fatto questo editto:"Si quis navalis faber, si quis nauticae reis paritus eo habitaturus se contulerit is immunis esto et c.".

Alberto Faletro e Tomaso Candiano, o Zeno Daulo, furono quelli sopredetta opera eletti, i quali insieme con tre principali gentiluomeni, andati a Riva Alta, l’anno sopradetto 421 il giorno 25 del mese di Marzo nel mezzo giorno del Lunedì Santo, a questa Illustrissima et Eccelsa Città Christiana, e maravigliosa fù dato principio ritrovandosi all’hora il Cielo (come più volte si è calcolato dalli Astronomi) in singolare dispositione. E ciò successero l’anno della creation del mondo 5601 dalla venuta di Christo, 421; dalla editificazione di Aquileia, e Padova, 1583; e finalmente dalla venuta dè Heneti alla laguna la prima volta anni 13. Ovvero 14. Già essendo la prima Chiesa fondata, e la religione che la Città, e la Signoria tengono Dio per assicurare l’Italia la quale minacciava rovina, e per la partita di Costantino, rimanendo in preda de Barbari, il già distrutto Imperio, Sua Divina Maestà volle che una Città Cattolica, e libera sorgesse di nuovo, rappresentando col corpo suo, tutta quella Provincia, dalla quale essa fu partorita. Mostrando ella con argomenti chiari, inditii aperti, e segni manifesti la bella, e riuscibile maniera, nella nascita sua.
Il tempo, la stagione, il mese, settimana, giorno, et hora, insieme con molt’altre circostantie, furono presaghi delle grandesse sue, alla quale con larga mano dovea il Sommo Fattore concedergli. Adunque l’anno 421. Hebbe principio nel qual tempo gl’huomeni (come a’ secoli de Santi Padri, più vicini nella ragione), erano inferverati nella stagion Primavera, per dimostrare da essere Floridissima in tutte le attione sue.
Nel mese di Marzo, il quale da li Egitjj e da altre nationi più eccelenti anticamente era venerato, e tenuto da Romani (sì come hora da Veneti) capo dell’anno; e nel quale si tiene che questa mondial macchina dal grande Iddio fusse fabbricata, e nel Istesso punto che il Verbo Divino (per noi miseri peccatori prese carne humana e finalmente nel quale si fa comemorattion di tal misterio Giorno che alla Beata Vergine fu annunciata l’incarnazione del Verbo dall’Angelo Gabriello). Lunedì che nel maggior colmo della pienezza sua si ritrovava la Luna. Hora che il sole mostrava la sua più intensa calidità, e chiarezza, segni evidenti che questa Eccelsa Città doveva essere Vergine Christiana e della Croce divota, e della Passione di Christo, e parimenti libera, florida, chiara: e piena assicurarsi dall’eternità sua la Giustizia e il fondamento.
Nell’Equinotio, all’hora erano i giorni. Nella Sede di San Pietro Pontefice Massimo, all’hora havea la residenza sua Papa Celestino Secondo. Nell’Imperio si ritrovavano Teodosio il Giovine, et Valentino, dinotando la detta Città essere Celeste, e Valenti, gli habitatori di lei, e parimenti di humiltà, di ricchezze, e di prudenza dotati, tal che sicurissimamente si può dire ciò che nell’Ecclesiastico si trova scritto, al capitolo 25: "Tres species odivit anima mea; aggravador valde animae illorum; Pauperem superbum et divitem mendacem et senem fatuum et insensatum", poi chè questi sono da lei molto lontani. Archivio di Stato Veneto Chronaca Altinate Johannes Daulo Busta 13,

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