IL GRAN RIFIUTO DELL'ULTIMO DOGE


Poco forse, si è scritto sulle ultime giornate della Repubblica di Venezia, e sul protagonista principale (data la carica che ricopriva) il Doge Lodovico Manin, ancora meno; se non parole in genere poco generose, per evidenziare la sua "debolezza" se non addirittura la sua viltà.

Ebbene, se si legge il diario di quei giorni convulsi, non appare proprio così: prendiamo ad esempio il tentativo di coinvolgerlo, da parte della Municipalità che stava prendendo il potere, nel nuovo governo fantoccio, offrendogli la carica di "Presidente". Ecco quanto scrive l'ultimo Doge, riportando quanto accade nel giorno 10 maggio 1797. Una manciata di ore dalla fine della libertà dei Veneti e dei Veneziani stessi.

"Il Zorzi (esponente dei Municipalisti) ritornò dal Doge (Manin scrive in terza persona, parlando di sé stesso) avvertendolo per ordine del Ministro (francese) che egli era fissato (destinato) per Presidente della Municipalità, che doveva istituirsi.

Rispose egli che era disposto a sacrificare tutto se stesso per la Patria, ma era sicuro di non poter, in questo caso, di riportare alcun vantaggio, ricusò apertamente, ed, ad onta della lunga insistenza fatta dal Zorzi, continuò nella ripulsa, e nella ricerca di essere dispensato, esibendo (pronto) di sottostare a qualunque pena, ed anche ad esporre la propria persona (la propria vita)."




cit. da "io, l'ultimo doge" ed. Canal, con presentazione di Giovanni Scarabello

Commenti