IL RITO FUNEBRE DEGLI ANTICHI PADRI VENETI


Di Angela Ruta Serefini
....fra i casi più emblematici si può citare come esempio la tomba Benvenuti 278: siamo nel VII secolo a.C., un periodo di splendore per la civiltà di Este. Nel ricco corredo si possono riconoscere sia una parure femminile che una maschile; a questa si aggiungono elementi di bardatura equina quali un morso di bronzo, i montanti del morso, costituiti da zanne di cinghiale rivestite di fettuccia di bronzo e passanti da briglie. 
La tomba quindi potrebbe riferirsi ad una coppia di coniugi, in cui vuole essere sottolineato il possesso del cavallo da parte dell’individuo maschile. Un ruolo se non paritario, di notevole livello sociale, era rivestito però, anche da alcune signore, come documenta l’esuberanza di ornamenti preziosi, composti di perle d’ambra baltica, elementi di bronzo o di osso ricoperti di lamina d’oro, pettorali o collane destinate ad arricchire gli abiti femminili della stessa epoca. 
Riferimenti specifici al costume si possono ritrovare anche sulle lamine votive provenienti dai santuari, che raffigurano gli stessi devoti: uomini armati di tutto punto, dotati di elmo con cimiero, scudo e doppia lancia, e donne ritratte in abiti da cerimonia, di fidanzamento o di matrimonio: il velo o lo scialle sulla testa, collane e braccialetti a profusione, il cinturone a losanga stretto in vita, quasi un busto che esalta le grazie femminili, la gonna ricamata spesso sormontata dal grembiule. 
Nei corredi tombali si riscontrano solo alcuni di questi oggetti: mancano i tessuti, come tutti gli altri materiali deperibili (cuoio, vimini, legno etc.) e sono rare le armi, considerate piuttosto simboli di rango; le spade ad esempio, identificano i principi-guerrieri dell’VIII secolo, mentre si conservano, accanto ai monili, accessori dell’abbigliamento come i cinturoni.
La presenza di vasi di forme elaborate, appositamente realizzati per i riti di libagione funebre e, forse il loro stesso numero, induce a ipotizzare la complessità, ma anche la variabilità del cerimoniale di saluto per il defunto. 
A ricostruire alcuni riti contribuiscono anche le immagini riprodotte su manufatti, in particolare sulla lamina di bronzo da cui venivano ottenute le famose situle (secchie) decorate a sbalzo e ad incisione. E’ questa la migliore espressione dell’artigianato artistico in cui i Veneti si rivelano maestri, pur aderendo ad un linguaggio figurativo comune ad una cerchia territoriale ben più vasta. 
La situla della tomba Benvenuti 126 non è solo un documento di pregio eccezionale in sè, ma costituisce una fonte preziosa di informazioni grazie ai contenuti narrativi, tanto da essere stata definita il poema epico delle genti venete. 
Scene di gare atletiche potrebbero essere assimilate a giochi funebri, come esibizioni musicali, danze, cortei, raffigurati su altre situle, aprono squarci eloquenti sulla varietà di occasioni cerimoniali in cui si celebravano la vita e la morte…di questi aspetti nulla o quasi ci resta, così come ci mancano le categorie di valori, gli ideali dei Veneti antichi. Ma osservando i corredi tombali, qualche spunto, qualche indizio traspare; il banchetto funebre ad esempio, in uso pure presso gli Etruschi, per rafforzare i vincoli di parentela e di amicizia nella fase di distacco dal congiunto, un trauma forte che tende a destabilizzare il contesto sociale di appartenenza. 
Esso veniva consumato con solennità, come documenta la ricchezza dei servizi da tavola: bicchieri, coppe, scodelle, vasi per contenere e presentare cibi e bevande, ma anche degli utensili per preparare gli alimenti, dagli alari e spiedi per arrostire la carne, ai coltelli per dividere le porzioni, fino alla grattugia per approntare ricette specifiche. 
Spesso questa suppellettile viene deposta nelle sepolture sotto forma di riproduzioni miniaturistiche, a rappresentare simbolicamente le fasi del rito. L’efficacia simbolica del linguaggio funerario è particolarmente evidente nella composizione della tomba di Nerka Trostiaia, una ricca signora di Este, vissuta nel III secolo a.C. Ad una cassa-sarcofago di dimensioni eccezionali, con il tetto a doppio spiovente che allude inequivocabilmente alla casa, corrisponde un corredo, anzi un arredo, sistemato con cura nello spazio interno, divisibile idealmente in tre comparti:
il primo è occupato dalla personificazione della defunta, con l’ossuario abbigliato e adorno di gioielli, affiancato da insegne di status, il secondo dalla rappresentazione del banchetto e del focolare domestico, nel cuore della casa, insieme alle offerte di vivande per il grande viaggio, e l’ultimo dall’ambiente di lavoro, con un’attrezzatura  per filare e per tessere  che comprende persino la riproduzione del telaio verticale. 

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