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Visualizzazione dei post da novembre, 2016

PINOCCHIO NEL PAESE DEGLI ACCHIAPPACITRULLI ..un Collodi profetico.

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I classici non li si legge più.purtroppo. Ma già pochi anni dopo la sua nascita, l'Italietta post risorgimentale era un fallimento completo. Collodi lo aveva capito bene. Ecco un brano tratto da "Pinocchio". Cammina, cammina, per arrivare al Campo devono attraversare un paese chiamato "Acchiappa-Citrulli". È un luogo popolato da “cani spelacchiati che sbadigliano dall’appetito, pecore tosate che tremano dal freddo, galline che chiedono l’elemosina, farfalle che non possono più volare, pavoni scodati che si sentono disonorati”. Tutti questi animali sono stati rapinati di ciò che avevano, e “in mezzo a questa folla di accattoni, di miserabili vergognosi appiedati, passano indisturbati su veicoli di lusso volpi e gazze ladre”.  Raggiunto il Campo, i due lo invitano a seminare lì le monete, chiedono a Pinocchio di ritornarci dopo una ventina di minuti per ritrovare l’albero con i rami carichi di zecchini e poi se ne vanno. Dopo un pò il burattino ritorna al

GIANNA MARCATO, LA LINGUISTA PADOVANA CHE NEGA LA "LENGUA" VENETA

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Gianna Marcato insegna al dipartimento Studi Linguistici dell'Ateneo,ho apprezzato moltissimo il suo primo libro "Parlar veneto"e l'ho citato spesso nelle mie note. Un'opera pregevole ma, guarda caro, limitativa già dal titolo: infatti, per sgomberare già allora ogni dubbio, non si parla di "Lingua veneta".  Il che, proprio in forza delle centinaia di anni della sua storia, che parte dal "CO VOL DEONI"(quando vuole Dio)  inciso su una tomba del IV secolo dopo Cristo ad Aquileia (mi pare si trovi lì), è narrata così bene dalla docente, sembra assurdo. La dottoressa Marcato nega forse che il sardo, o il friulano, poiché sono parlate con varianti locali, siano lingue? Teoria curiosa, a dir poco.  La mia impressione è che quando in certi temi si tocca l'identità dei Veneti, scatti una specie di autocensura, nella nostra "intelighenzija" nostrana.  Il loro timore, più o meno inconscio, a parer mio, è quello di venir incasellat

PITTURA VENETA: SCOPERTO UN DIPINTO DEL CARPACCIO NEL LECCESE

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Ida Longhi Rinvenuta, in una 'Chiesa Parrocchiale di Sirtori', nel Lecchese ( nella Diocesi di Milano) una preziosa tela, raffigurante il "Padre Eterno con angeli" attribuita a Vittore Carpaccio  nato a Venezia nel 1455 o '56, morto nel 1525 o '26. Il dipinto fu donato alla parrocchia nel 1866 da Maria Manara, ma la tela non era mai stata presa in considerazione dai critici, in quanto era tradizionalmente attribuita a Luca Signorelli per via della presenza di una firma sul risvolto della manica destra di Dio padre.  Un recente restauro ha però permesso di scoprire che quella firma è un'iscrizione apocrifa, apposta sul dipinto all'inizio dell'800, mentre la datazione dell'opera è stata stabilita tra il 1515 e il 1520.  Grazie a quest’incongruenza, la tela è stata riconosciuta come un’ opera di qualità elevata e quindi degna di essere oggetto di un approfondimento storico-critico, che ha portato a termine lo storico dell'arte Gabri

LA FABBRICA DEGLI EUNUCHI O CASTRATI, NE PARLA BRUNA MOZZI in Venezia e i turchi

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Sto sfogliando il bel libro di Bruna Mozzi, una docente padovana, e ve lo consiglio: Riguarda il tema "Venezia e i Turchi", certamente molto affascinante. E' scritto in maniera molto piacevole e mi par ricco di curiosità storiche che ne rendono intrigante la lettura.  Riporto qua mezza paginetta che descrive la figura degli Eunuchi addetti alla custodia degli harem dei mussulmani, ma la pratica, purtroppo era diffusa, sia pure in maniera molto ridotta, anche da noi, in Europa. "All'harem aveva diritto d'accesso solo l'uomo che, per età, grado di parentela, o impossibilità fisica (impotenti o eunuchi), non potesse aver lecitamente rapporti sessuali con la donna. Gli eunuchi, il cui nome deriva dalla composizione del termine greco " euné", letto ed écho , custodisco, quindi "custode del letto", garantivano la custodia dei luoghi senza che ciò comportasse alcun "rischio" per il loro padroni... Si trattava di uomini evira

LA FORTEZZA DI BUDUA VENETA, RICOSTRUITA COM'ERA E DOV'ERA

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Budua fu gravemente danneggiata da un terremoto nel 1979 . Grazie agli antichi disegni e progetti veneziani, essa fu ricostruita come era un tempo, come accadde anche in Friuli. Storia e laboriosità comuni in quel frangente hanno unito ancora una volta la Venetia di Terra e i Montenegrin d'oggii (chiamati un tempo  Illirici da noi veneti marciani).  A partire dal 1442 la città entrò a far parte dei dominii della Repubblica di Venezia e parte della cosiddetta Albania Veneta e vi rimase fino al 1797 , eccetto un breve periodo in cui fu presa con l'inganno dal corsaro Uluç Alì Pascià . Durante il dominio veneto rafforzate le fortificazioni. Sulle porte della città sono ancora visibili i leoni di San Marco testimoni della dominazione veneziana. Durante il periodo della Repubblica di Venezia ( 1442 - 1797 ) la città venne potentemente fortificata, fu costruito ed ampliato l'ardito castello e rafforzate le mura assumendo un assetto urbanistico che è rimasto

I VENETI DI LAGUNA E LA MESOPANDITISSA DI CANDIA, "EA MADONA DEA SALUTE"

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Da più di tre secoli i pellegrini che giungono alla Basilica della Salute venerano l’immagine della Madonna posta al centro dell’altare maggiore. Essa è giunta dall’isola di Candia il 26 febbraio 1670 portata dal doge Morosini. Il 21 novembre dello stesso anno essa venne collocata nelle nicchia dell’altare. I candiotti la chiamavano Madonna di san Tito, perché ritenevano che fosse stata dipinta da san Luca che poi l’avrebbe donata al loro primo vescovo. Veniva chiamata anche Mesopanditissa che significa mediatrice di pace perché dinanzi alla sua immagine i veneziani e i candiotti, nel 1264, avevano posti fine alla guerra che li aveva visti coinvolti per un sessantennio. Il suo appellativo forse deriva anche dal giorno in cui essa veniva festeggiata, giorno che cadeva a metà tra il Natale e la Presentazione del Signore, chiamata dai greci festa dell’Ipapante cioè festa dell’incontro con Cristo. Con Maria, la “Ipapantissa”, ci si incontrava prima, per essere poi guidati da Lei a inc

DOLCIGNO, CHE FU VENETA, NEL MONTENEGRO

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Posta poco a Nord del confine con l'Albania, la città fu sede vescovile ed ambita dai molti potentati che si affacciavano nell'Adriatico. Divenne veneziana nel 1420, ma il suo legame con la Serenissima si spezzò nel 1571, per mano degli ottomani, che occuparono il territorio creando una encalve mussulmana. Dolcigno-Ulcinj, oggi Il dominio della città lagunare lasciò in eredità la cittadella con le mura, in parte conservate con i bastioni verso il mare, eleganti palazzi e la cisterna per la raccolta dell'acqua potabile.

PORTA OGNISSANTI O "DEL PORTELLO" LE ORIGINI

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Di "Ecce Leo" Padova: la porta Omnium Sanctorum (come si legge sull'architrave della facciata interna), detta più comunemente del Portello. Il termine Portello si riferiva in modo ambivalente alla porta medievale collocata in fondo all'attuale via S. Massimo (portello = porta minore) e al porto fluviale a cui dava accesso. La porta fu inau­gurata il 12 giugno 1519 dal capitano Mar­cantonio Loredan. L'unico accenno alle funzioni militari è costituito dalle due cannoniere sui fianchi, originariamente a pelo d'acqua e oggi parzialmente sommerse. Il ponte esterno a quattro archi, costruito nel 1784, in sostituzione del precedente di legno, nasconde con i massicci parapetti una buona parte dei motivi decorativi inferiori, che sono invece ben visibili dalle gradinate del porto. da notare sull'architrave il leone alato

BADOGLIO, IL MASSONE, PROMOSSO PER "DEMERITI SPECIALI"?

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Mi è venuto in mente nonno Luigi, travolto come tanti dalla tempesta immane della Grande Guerra. Dopo esser stato ferito sul Pasubio, con una mano sfracellata, nelle retrovie finì sotto processo per insubordinazione e furispedito in prima linea con tre anni e tre mesi da scontare a "bocce ferme" se fosse sopravvissuto.. Nella zona di Caporetto c'era anche lui, e anche lui fuggì, privo di ordini e direttive, per non esser preso dal nemico. Cadorna Cadorna non trovò di meglio che accusare la truppa, tante volte condotta al macello inutilmente, ma l'inchiesta che ne seguì mostrerà tutte (o quasi) le colpe dei comandi, tra cui qulleo del Gen. Cappello e del Badoglio, noto massone, il quale malgrado gli avvisi dell'offensiva, si rese irrintracciabile nelle immediate retrovie per l'intera notte. Qualche "mano santa" però fece sparire ben tredici pagine del rapporto che lo accusava e la sua carriera militare, invece che finire davanti al muro con u

IL SIMBOLO DEL FRIULI, PATRIA (quasi) SOVRANA, ERA UNA DONNA

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L'insegna della Patria del Friuli, nei tempi antichi della sua forte autonomia sotto il Dominio veneto, era ben diversa dalla bandiera scelta dalla Regione attuale. Oggi abbiamo un'aquila su sfondo azzurro, che trattiene una corona. Un tempo, era invece una Signora di cui un autore Seicentesco dà questa descrizione: " Una donna vestita d'abito di diversi colori, denota le diversità de le qualità de' Signori, de' quali questa Provincia è abitata.  Ha corona di Torri in capo, perché in questa Provincia sono molti Castelli, e alcune torri situate d'ogn'intorno, sopra monti, e colli.  Ha il braccio destro armato con lancia, e privilegi, li quali dimostrano che li Feudatarij, e Giusdicenti (magistrati) che sono in essa, hanno l'obbligo 'a tempi di guerra di contribuire con cavalli et huomeni armati al servizio del Prencipe, che per ciò hanno nobilissimi Privilegi, loro anticamente concessi da Imperatori, da Patriarchi di Aquileia, e finalmente d

L'URLO DI RABBIA E DOLORE DEI VENETI, NEL 1919. OGGI COME ALLORA.

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profughi dopo la rotta a Caporetto, lo sfondamento avvenne anche grazie  al (poi) famoso gen. Badoglio, assentatosi dal fronte al momento dell'attacco. L'artiglieria italiana  aveva l'ordine di non  aprire il fuoco, senza il suo assenso. Il disagio, il malumore del nostro territorio verso lo stato centrale romano, incapace di risposte concrete ai problemi e ai disagi dei Veneti (che comprendo in senso lato, come gli abitanti della Venezia di terra) ha radici antiche. Lo ritroviamo già nel dopoguerra immediato, nel 1919. marcia quasi indisturbata della truppa tedesca nella valle dell'Isonzo Un Veneto distrutto, dalla guerra e dallo stazionamento della truppa italiana che devastava quanto era rimasto (ben poco) sul territorio, nell'immediato dopoguerra invece di essere ascoltato a Roma, suscitò l'ira dell'Alfano dell'epoca il quale minacciò di sospendere i pochi aiuti, se continuavano i lamenti.  Dichiarò alla stampa: &

I CIPPI DELLA SERENISSIMA A ENEGO

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DA Magicoveneto.it Sentiero dei Cippi 1752, Enego Marcesina, Altopiano di Asiago Lungo la controversa linea di confine tra la Serenissima Repubblica di Venezia e l'Impero Austro-Ungarico. Questione risolta con un trattato internazionale e la posa dei cippi nel 1751/52. (Alcune foto tratte dai pannelli descrittivi lungo il percorso. Progetto del Comune di Enego, cofinanziato dalla Regione del Veneto e da Fondi Comunitari)

HIC SUNT (VENETORUM) LEONES! LA TERA DE SAN MARCO E I LEONI

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DA Magicoveneto.it PADOVA In suo nome e sotto le sue ali protettive Venezia ha solcato mari e intrapreso battaglie. Il leone alato è l'icona dell'Evangelista protettore della città e della millenaria repubblica. BASSANO Il leone, come simbolo della Serenisima Republica, ancora campeggia sornione in moltissime piazze e palazzi delle cittadine venete nonostante la metodica 'strage' attuata durante la campagna Napoleonica, sia ad opera dell'esercito francese e sia dai 'locali' allo scopo di festeggiare e far bella figura nei confronti dell'illustre conquistatore. CASTELFRANCO Il leone ha una sua simbologia di derivazione popolare, non supportata da codifiche 'ufficiali'. Con il libro aperto, la versione più diffusa e famosa, ad indicare che quella cittadina doveva pagare le tasse. Con la zampa -ea sata- sopra il libro chiuso, le varianti con la spada, lo spadone puntato sul libro oppure rivolto verso l'alto, 'e

1815 FRANCESCO I E LA VENETA NAZIONE, OGGI NEGATA COME FANTASIOSA BIZZARRIA

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Di Ettore Beggiato (NdR. Ghe xe paròn e paròn, se sa... certamente l'Austria agì da ricettatore, approfittando della nostra debolezza, indusse Napoleone a usarci come merce di scambio. Ma è anche vero che gli Austriaci ci trattarono da Nazione (sia pure sottomessa), mentre i piemontesi-italiani, hanno negato da subito la nostra specificità con l'idea di costruire il Paese nuovo contro le antiche Nazioni che lo componevano.  E quella veneta era la più minacciosa, forse, per l'ombra del millenario Leone.) IL 13 DICEMBRE 1815 FRANCESCO I si rivolge alla Veneta Nazione. Ritornano i cavalli di San Marco. Il giorno di mercoledì 13 corrente è destinato da S.M. l’Augustissimo Nostro Sovrano per dare alla VENETA NAZIONE la più generosa testimonianza della Sua Paterna affezione col ricondurre un prezioso monumento dell’antica gloria veneziana. I quattro celebrati cavalli ch’esistevano sulla Chiesa di San Marco, ricordando i fasti di Enrico Dandolo, e che furono in non lon

UN BEL ESEMPIO DI UN PECCATO CAPITALE - III PARTE

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Seguiamo con le tavolette dipinte dal Giambellino..... Venezia sempre ha avuto una mente distinta rispetto al resto della Penisola Italica, rispetto al resto d’Europa, anche nel concetto dei Peccati Capitali dove generalmente la Chiesa (ed i laici) considerava più propensa a cadere, in quest’ultimi, alle donne (la iconografia è piena di questi esempi). Nelle pitture per il mobiletto da bagno , Bellini non esclude dai peccati al maschio: un messaggio moralizzante. Questo dipinto ha il titolo di Perseveranza , realmente è un monito sui rischi della Gola e dell’Accidia . Qui vediamo ad un guerriero in corsa (immagine classica) sostenendo un grande scudo ed una lancia; in primo piano vediamo una biga romana trascinata da bimbi eroti (anche questi relazionati con il vizio), trasporta un Bacco affettato da pinguedine che compie un gesto di tentazione nei confronti del guerriero, offrendogli un piatto colmo di frutti appetitosi. La differenza tra le due figure

L'INTRIGO DEI QUADRI RUBATI A VERONA E NON RESTITUITI

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Sei mesi fa il ritrovamento nella boscaglia dell’isola di Turunciuk, sulle sponde del Dnestr, in Ucraina. Le diciassette tele, fra cui i capolavori di Tintoretto Mantegna e Rubens, erano state infilate in sacchi di plastica, pronte a prendere la via della vicina e poco penetrabile Trasnistria, terra di bande criminali ed ex agenti del Kgb nella repubblica di Moldova. Le promesse Era il 6 maggio scorso e la prima promessa la fece il presidente ucraino Petro Poroshenko, felice di dimostrare all’Europa l’efficenza della sua polizia di confine: «Avvieremo subito le formalità per la loro restituzione». Il 13 giugno è stata la volta del sindaco di Verona Flavio Tosi che da Kiev, dove era volato per inaugurare al museo Khanenko la mostra temporanea delle opere d’arte trafugate la sera del 19 novembre 2015 a Castelvecchio, aveva voluto tranquillizzare la città: «Il rientro dovrebbe concludersi nell’arco di qualche settimana». Ma dopo tre mesi, ancora nulla. E visto che i quadri non tornav